di Giovanni Piras
Imperdibile, dal 25 al 28 maggio, nella sala grande del TFP La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo scritto e diretto da Lucia Calamaro. Un Dramma di pensiero in tre atti che coinvolge direttamente lo spettatore, lo fa ridere, piangere e riflettere.
Tre atti, quasi tre ore di spettacolo in cui si apre a noi la vita e i pensieri di una famiglia ordinaria, padre, madre e figlia, e la loro complessa gestione della perdita di una persona cara, perché sia i vivi che i morti perdono qualcuno che amano.
Il bianco, in certe culture, è il colore del lutto. La scena si apre su un palcoscenico completamente bianco. Ecco che una voce fuori scena: «l’elaborazione del lutto è essenziale per la sopravvivenza della specie dei vivi». Ecco che cosa ci aspetta.
Riccardo (Goretti) vivo, Simona (Senzacqua) morta chiacchierano come se loro quotidianità di marito e moglie non fosse mai stata interrotta ma, sapientemente, viene ribadita più volte la dipartita di Simona e il terribile vuoto e dolore che lei ha lasciato a Riccardo e alla figlia Alice (Redini). Il tasloco di Riccardo è ostacolato da Simona a causa della sua paura di essere dimenticata: infatti nelle scatole vengono imballati oggetti, che sono anche ricordi, mentre la scritta Fragile sulle scatole non è che un promemoria di quanto effettivamente siano fragili i ricordi. «Mi dimenticherai?» chiede Simona a Riccardo. E lui risponde: «forse tra vent’anni…» Ma Simona vuole essere ricordata intera, così com’era realmente da viva.
I loro ricordi non sono solo raccontati dagli interpreti, ma rappresentati sul palco, davanti a noi, perché «la storia, o meglio il ricordo, ricuce lo strappo tra il passato e il presente per colmare i vuoti».
Come comprendere ancor meglio la vicenda personale di questa coppia? Entrando nella loro quotidianità, nella loro casa, nel ricordo più vivo. Ecco che nel secondo atto conosciamo la loro figlia, la piccola Alice.
Le risate, vere e mai forzate, sempre presenti fin ora, lentamente scemano quando il fantasma della malattia si fa sempre più presente nella loro quotidianità. Non sappiamo che malattia affligga Simona e non è importante; sappiamo che c’è e che la morte è inevitabile.
Nel terzo atto Riccardo e sua figlia Alice non si parlano da cinque anni. Decidono di andare insieme a trovare la tomba della madre. Ecco che avviene l’inevitabile: non solo non ricordano più com’era Simona, ma non ricordano nemmeno dove si trovi la tomba. Una scena comica, ma fa ridere a denti stretti, poiché non è facile accettare che la memoria svanisca e che, in realtà, il ricordo non sia mai all’altezza della persona morta. «Bisogna essere forti per portare un ricordo… e raramente lo siamo. O ci pensi e ti sfaceli o non ci pensi più…Tu che dici?»
Con questa frase drammatica e rassegnata si chiude lo spettacolo ma non finisce la riflessione. Qui sta la grandezza della piéce di Lucia Calamaro, la sua incredibile capacità di portare alla mente e alla memoria domande ultime probabilmente senza risposta. Perché lo spettacolo, come lei stessa afferma, non vuole dare risposte, ma vuole essere una riflessione circa il modo in cui i morti continuino a vivere nel nostro ricordo.
La Calamaro, già acclamata per L’Origine del mondo e per Diario del tempo, si conferma nuovamente come una delle migliori drammaturghe del panorama italiano. La sua messa in scena è pulita e essenziale, sempre al servizio della parola, centrale per tutta la rappresentazione. A rendere ancora più grande e indimenticabile la piéce ci sono gli attori magistralmente calati nella realtà familiare. Infine, il continuo coinvolgimento del pubblico durante la rappresentazione rende lo spettatore ulteriormente partecipe della circostanza.
In fin dei conti sono davvero pochi i ricordi che restano delle persone passate a miglior vita: magari il caffelatte preso ogni mattina, oppure i vestiti a fiori che riempiono l’armadio, ma tutti sono destinati a svanire prima o poi. Come dice la stessa Lucia Calamaro: «io mi giudico nell’aver lasciato andare i morti e non mi giudico bene… infatti sono tornata al cimitero».
La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo
Dramma di pensiero in tre atti
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Riccardo Goretti, Alice Redini, Simona Senzacqua
assistenza alla regia Camilla Brison
scene e costumi Lucia Calamaro
contributi pitturali Marina Haas
direzione tecnica: Loïc Hamelin
accompagnamento e distribuzione internazionale: Francesca Corona
produzione Sardegna Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria, Teatro di Roma coproduzione Festival d’Automne à Paris / Odéon-Théâtre de l’Europe
in collaborazione con La Chartreuse – Centre national des écritures du spectacle e il sostegno di Angelo Mai e PAV
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