di Giuseppe Paternò di Raddusa
A sei mesi dal debutto, Gli Innamorati di Andrée Ruth Shammah si preparano a riconquistare Milano: dopo aver ‘visitato’ Venezia, città che ha dato i natali al suo autore, Carlo Goldoni, la compagnia rimane in scena fino al 7 dicembre.
In attesa di riscoprire – o di conoscere per la prima volta – le irresistibili dinamiche della commedia, abbiamo intervistato Marina Rocco, protagonista della pièce, che ritorna a vestire i panni di Eugenia dopo il successo di critica e pubblico ottenuto la scorsa stagione.
Ritorna a interpretare Eugenia sullo stesso palco in cui l’ha originata: cosa si è trasformato, in questi mesi, nella sua percezione di interprete – e di donna – nei riguardi del personaggio?
Abbiamo ricominciato da poco a lavorare allo spettacolo, e comincio a capire adesso quali saranno le novità dentro di me. Ancora saprei dirlo con certezza: in questi sei mesi, soprattutto, mi auguro di essere diventata molto più brava. Le paure, credo, saranno le medesime di allora: il mio sogno è di riuscire a viverle ancora con maggiore intensità, lasciandomi coinvolgere ancora di più dal dramma di Eugenia e dai suoi terrori. Spero di essere cresciuta, e di poter arricchire il ruolo con qualche tassello in più. Sei mesi fa, quando è cominciata l’avventura de Gli Innamorati, avevo dichiarato che il mio impegno aveva come scopo preciso quello di riuscire a trovare uomo. Che non è ancora arrivato: vuol dire che ho ancora da lavorare!
Quello di Eugenia è un ruolo brillante e ugualmente ombroso: spinta da un innegabile slancio sentimentale, è tuttavia accecata dalle nevrosi. Come è riuscita a rendere vibrante e credibile questa scissione?
Grazie al lavoro con Andrée Ruth Shammah. Lei, giustamente, ci ha sempre ricordato che il testo, per come l’ha scritto Goldoni, è brillante e praticamente perfetto. Tuttavia, durante la preparazione, dimentichiamo le componenti da “commedia”, e ci dedichiamo piuttosto alle retrovie, ai sentimenti oscuri e alle parti di Eugenia che, all’apparenza, non sono visibili. Abbiamo considerato la sua provenienza sociale, la sua condizione di giovane donna senza i genitori, cresciuta da uno zio che cerca di piazzarla al miglior offerente, impegnandoci a riflettere sulle insicurezze che può aver sviluppato negli anni. In questa direzione, per esempio, è significativo ragionare sulla gelosia nei confronti della cognata, ricca, già sposata, e che gode delle attenzioni di Fulgenzio. Mi sono affidata ad Andrée, ai suoi consigli e ai suoi suggerimenti, per poi pescare un po’ dentro di me. Non è stato difficile trovare un senso di quella paura che scatena la gelosia. Quando ho iniziato a lavorarci, ho pensato: «spero di esorcizzarla, quella paura». Cerco sempre, quando interpreto un personaggio, di tirar fuori delle insicurezze, e farle diventare sane.
Negli ultimi due anni si è trovata a essere diretta continuativamente, sulla scena, da Andrée Ruth Shammah e Filippo Timi…
Più passa il tempo, più mi rendo conto che entrambi sono la mia fortuna. Filippo mi ha cambiato la vita, mi ha messa su un palcoscenico e mi ha aperto un mondo. Per me è un’origine e un’ispirazione. Come ho già detto altre volte, non è una persona, è un evento: è arrivato, e continua a esserci. Andrée, invece, è stata la prima persona che mi ha dato in mano la responsabilità di uno spettacolo. Quando ho fatto Ondine mi ha detto: «hai il nome spalmato sul titolo». Nessuno l’aveva mai fatto. Ho avuto alcuni dei terrori più grandi negli spettacoli diretti da lei…
Perché?
Questione di responsabilità diverse. Quando lavori con Filippo, dividi il palco con lui. Hai paura per la tua parte, ma sai che in quel momento lui non è solo il regista, ma è interprete in scena insieme a te. In Ondine, invece, il mio personaggio racconta tutta la storia. Un’enorme responsabilità… che io volevo e voglio ancora avere. Andrée l’ha capito, e ha realizzato e continua a realizzare tutti i miei sogni d’attrice.
Torniamo a Goldoni. C’è un modello recitativo cui si è ispirata per interpretare Eugenia?
Sinceramente, non ci ho mai pensato, non è una di quelle cose che faccio spesso o sulle quali mi soffermo, quando lavoro a un personaggio. È, strano, però: poco dopo aver assistito allo spettacolo, Lucia Mascino ha rivisto Via col Vento. Sa che lo conosco a memoria, è venuta da me e mi ha detto: «Adesso ho capito a chi ti sei ispirata!». Ma non è vero, semplicemente ho visto quel film tante di quelle volte che magari…
Perché, secondo lei, è un personaggio che piace molto al pubblico?
Un po’ per comprensione, un po’ per immedesimazione, un po’ per tenerezza. È spudorata, in preda ai suoi moti, come lo sono i bambini. Quando ti innamori, in un attimo arrivano quelle pulsioni che dall’esterno non sono subito riconoscibili, e che non riesci a controllare bene.
Quali sono gli autori, in teatro come al cinema, da cui le piacerebbe essere diretta?
Un uomo e donna. Uno è Filippo Timi, l’altra è Andrée Ruth Shammah. Spero che un giorno mi prendano in considerazione! (ride, ndr).
GLI INNAMORATI
di Carlo Goldoni
regia Andrée Ruth Shammah
scene e costumi Gian Maurizio Fercioni
luci Gigi Saccomandi
musiche Michele Tadini
con Marina Rocco e Matteo De Blasio, Marco De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Silvia Giulia Mendola, Andrea Soffiantini
drammaturgia Vitaliano Trevisan
Produzione Teatro Franco Parenti
Rispondi