di Chiara Carbone
In occasione del centenario della nascita di Franco Parenti, festeggiato il 7 dicembre 2021, il 9 dello stesso mese ha debuttato presso l’omonimo teatro “Il delitto di Via dell’Orsina” con la regia di Andrée Ruth Shammah e la traduzione a cura della regista stessa e di Giorgio Melazzi.
Con questa nuova produzione in collaborazione con la Fondazione Teatro della Toscana, il Teatro Franco Parenti vuole ricordare e onorare quella dimensione di artigianato teatrale che Franco ha qui esercitato, allenato e trasmesso. Metterla in pratica ancora una volta nel contesto di un nuovo spettacolo è, secondo la regista e direttrice artistica del teatro, il modo migliore per continuare a ricordare uno dei grandi insegnamenti di Parenti. Il francese Eugène-Marin Labiche è l’autore dell’opera da cui lo spettacolo è stato adattato (L’affaire de la rue de Lourcine), e, ricorda Shammah, era uno degli autori che Franco le consigliava di ricopiare a mano (come faceva Eduardo Scarpetta con Eduardo de Filippo) in un esercizio fondamentale per penetrare davvero il cuore dell’opera: solo dopo essersi pienamente appropriati del meccanismo ci si può permettere delle libertà o degli allontanamenti rispetto alla drammaturgia di partenza.
La vicenda ambientata nella Francia dell’Ottocento è infatti traslata nell’Italia degli anni Quaranta e, al nucleo della trama, sono stati aggiunti riferimenti ad altre commedie dello stesso autore, in modo da arricchire la costruzione drammaturgica con ulteriori riferimenti e prospettive. In effetti, al di là della dimensione goliardica e spassosa dello spettacolo, non mancano spunti che lo spettatore può cogliere fra una risata e l’altra. Così i due protagonisti Zancopè e Mistenghi (rispettivamente Massimo Dapporto e Antonello Fassari) sono dei fatui e comici Macbeth che non riescono a lavare via dalle proprie mani le tracce di carbone del loro presunto crimine, commesso in Via dell’Orsina durante una famigerata sera di cui purtroppo non ricordano gli avvenimenti. Il risveglio nello stesso letto, a casa di Zancopè, li ha lasciati pieni di domande ma sempre più convinti di essere i colpevoli del tremendo delitto riportato dal giornale del mattino. A parte qualche raro momento in cui emerge un po’ di lucido senso di colpa, l’intero spettacolo è un tentativo goffo e spassoso di farla franca alle spalle di tutti e specialmente della moglie-detective Norina, che va alla ricerca della soluzione del mistero, certa che si tratti di un tradimento.
Lo scenario in cui si svolge la vicenda è una casa borghese dove la carta da parati a motivi floreali che delimita gli ambienti non riesce davvero a nascondere i segreti dei suoi inquilini perché nessuno ha intenzione di farsi gli affari propri. La divisione degli spazi, fra centrali e di servizio, accentua la bonaria contrapposizione fra spocchiosa borghesia e servitù, una delle sfumature aggiunte rispetto al testo originale.
L’aspetto voyeuristico da dramma borghese è ulteriormente sottolineato da alcune sagome trasportate ripetutamente in scena, loschi individui vestiti di nero nell’atto di spiare i personaggi in carne ed ossa. È un tocco un po’ inquietante, forse l’unico a portare sul palcoscenico un sottile senso di disagio: in fondo quella per cui stiamo ridendo è una commedia nera.
La recitazione incorpora brevi momenti cantati in cui parole e musica (suonata dal vivo da musicisti celati dietro le quinte) accentuano il ritratto stereotipato di ciascun personaggio e distolgono lo spettatore da ogni possibile tentazione residua di valutare moralmente la vicenda. Quello che avviene in scena è semplicemente un piccolo dramma familiare (quasi) a lieto fine, dove l’unica vittima è la povera gatta di Norina strangolata per errore.
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di Eugène-Marin Labiche
traduzione Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni
e con Andrea Soffiantini, Christian Pradella, Luca Cesa-Bianchi e la partecipazione di Antonio Cornacchione
pianoforte Giuseppe Di Benedetto, flauto Lorenzo Gavanna, clarinetto Edgardo Barlassina
musiche Alessandro Nidi
scene Margherita Palli
costumi Nicoletta Ceccolini
luci Camilla Piccioni
sagome tratte dalle opere di Paolo Ventura
aiuto regista Benedetta Frigerio
assistente alla regia Diletta Ferruzzi
assistente allo spettacolo Lorenzo Ponte
assistente alle musiche Fabio Cherstich con contributi di Michele Tadini
assistente scenografa Francesca Guarnone
fondali Rinaldo Rinaldi, arredi Plinio il Giovane, pittore scenografo Santino Croci
direttore dell’allestimento Paolo Casati; macchinisti Alberto Accalai, Riccardo Scanarotti; elettricista Oscar Frosio; fonico Matteo Simonetta; sarta Nada Campanini
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti e FM Scenografia
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana
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