Due atti di Eduardo per ridere e pensare

di Margherita Mancini

Fino al 1° marzo al Teatro Franco Parenti vanno in scena, come atti di un unico spettacolo, due tra i capolavori tragicomici più amati di Eduardo De Filippo: Dolore sotto chiave e SIK SIK l’artefice magico. L’unione e la contrapposizione tra le due storie ha il potere incantato di trasportare lo spettatore in un vortice al contempo dolce e amaro, riflessivo e leggero, divertente e severo.

Il primo a mostrarsi sotto il sipario è Dolore sotto chiave, una storia permeata da un’aura paradossale e grottesca. Lucia mente per lunghi mesi al fratello Rocco, nascondendogli la morte dell’amata moglie, fino a che egli, esausto, non arriva a desiderarla morta per davvero. La scoperta tardiva della tragedia e la tensione densa delle prime scene si condensa con la comicità buia del lutto mancato, di un dolore talmente ritardato da non aver più nemmeno senso, da non potersi neanche più dimostrare, o forse da non essere mai realmente esistito.

La morte aleggia sui personaggi come un’entità che, invisibile, crea caos e squilibrio anche nell’esistenza di chi vive.

Pian piano, nella sala, il ritmo delle risate della platea cresce, la pesantezza delle contraddizioni insite nel dolore lasciano spazio ad una comicità contagiosa, fino a che le risa del pubblico, nel corso del secondo atto, non diventano parte dello spettacolo stesso. Il riso diventa il filo invisibile che unisce la finzione teatrale e la realtà in un’unica entità. Questa è la magia che solo uno spettacolo teatrale ben ideato riesce a creare.

SIK SIK è un illusionista da strapazzo, che istruisce un ragazzo perché diventi suo complice durante un’esibizione. La mediocrità dei trucchi magici si unisce alle incomprensioni dovute al linguaggio dialettale e sgrammaticato del mago, dando vita ad una divertente commedia dalle ceneri di uno spettacolo di magia fallito.

La tragicità dell’ignoranza e del fallimento scorre sottilmente tra le battute e le espressioni comiche, dimostrando l’abilità di Eduardo e del regista e attore Carlo Cecchi di alleggerire elegantemente il dramma della condizione umana caratterizzato da un umorismo di pirandelliana memoria.

I due atti sono uniti dall’incomprensione che deriva dalle parole. L’equivoco si origina in un caso dall’uso di espressioni iperboliche e spropositate manifestazioni di sentimento, nell’altro da un uso scorretto della lingua italiana. Dolore sotto chiave / SIK SIK l’artefice magico è, nel suo complesso, un’abile dimostrazione del potere segreto della parola, della fragilità dell’essere umano e della miseria che si nasconde negli angoli più bui e inesplorati della nostra vita, pronta a fare capolino in qualsiasi momento per cercare di trascinarci nei suoi abissi.

Un dramma, dunque, che forse può essere sconfitto solamente dal magico potere della risata.

Per maggiori informazioni sullo spettacolo clicca qui

Dolore sotto chiave / Sik Sik l’artefice magico

di Eduardo De Filippo

con Carlo Cecchi, Angelica Ippolito, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Remo Stella, Marco Trotta

regia Carlo Cecchi

Dolore sotto chiave

scene Sergio Tramonti

costumi Nanà Cecchi

luci Camilla Piccioni

Sik Sik l’artefice magico

scene e costumi Titina Maselli

realizzazione scene e costumi Barbara Bessi

luci Camilla Piccioni

musica di Sandro Gorli

produzione MARCHE TEATRO / Teatro di Roma / Elledieffe

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