di Chiara Carbone
Un uomo conosce una donna su una nave, se ne innamora e scende nello stesso porto dove è scesa lei durante la notte. Pur sapendo che si tratta dell’amante di un potente criminale la aspetta per giorni seduto in un bar del porto finché non la rivede. Lei accetta di incontrarlo quella sera e, anche se il bandito gli intima di lasciare la città prima dell’alba per salvare la pelle, l’uomo decide di restare. Trascorre la notte con la donna e all’alba viene ucciso.
Così racconta Borges: ma cosa sarebbe successo se…? Attorno a questa domanda si arrovellano i personaggi dello spettacolo “Cita a ciegas”, in scena al Franco Parenti dall’11 al 22 dicembre. Nel corso della pièce diretta da Andrée Ruth Shammah e ispirata alla figura del noto scrittore argentino (che è uno dei protagonisti) il semplice spunto “letterario” si declina in modo caleidoscopico articolandosi in cinque scene, cinque personaggi, cinque incontri.
L’intreccio delle congetture e dei “se” e dei “ma” della vita si oppone alla staticità della scena; gran parte della performance si svolge infatti su una panchina, luogo per eccellenza dell’incontro fortuito. Quando la scena si trasforma nello studio della psicologa di uno dei personaggi, le ombre degli alberi sul fondale sono sostituite da strisce di luce che filtrano da una persiana, a sottolineare il passaggio da esterno a interno, da luogo delle infinite (inevitabili?) possibilità al rifugio-gabbia di un’esistenza ormai definita.
L’azione è in parte fuori scena e in parte soltanto nei pensieri e nei discorsi dei personaggi ma (ahimé) il tempo passa anche nel mondo delle realtà parallele e la scenografia lo segue a ruota: ai rami carichi di fiori azzurro-violetti che orlano il sipario si sostituiscono, nel corso degli atti, i rami secchi dell’autunno, stagione tanto meteorologica quanto interiore.
Solo il personaggio di Borges, efficacemente interpretato da Gioele Dix, sembra percorrere la scena sereno ed etereo, come se per lui il tempo scorresse in modo diverso. Vestito elegantemente di bianco (in modo da opporsi anche cromaticamente agli altri attori in scena) e affetto da una cecità che lo salva dall’irrequietezza del resto dei personaggi, è in grado di incuriosire chiunque non avesse mai letto nemmeno una parola dei suoi libri. La narrazione è avvincente, immersiva e non lascia spazio a suggestioni sfumate.
L’atmosfera argentina è lontana dalla scena cosicché, se lo spettacolo perde in caratterizzazione geografica, guadagna tuttavia in universalità: è nel mondo cosmopolita (e sovrappopolato) delle realtà alternative che la performance si svolge. Alla fine della rappresentazione, diversamente da quanto succede nella vita, il cerchio si richiude e l’incontro mancato avviene: darsi un finale compiuto (più o meno felice e contento) è un capriccio che l’arte può permettersi.
Per maggiori informazioni clicca qui https://www.teatrofrancoparenti.it/spettacolo/cita-a-ciegas/
di Mario Diament
traduzione, adattamento e regiadi Andrée Ruth Shammah
con Gioele Dix – Laura Marinoni, Elia Schilton – Sara Bertelà, Roberta Lanave
scena Gianmaurizio Fercioni
luci Camilla Piccioni
costumi Nicoletta Ceccolini
musiche Michele Tadini
produzione Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana
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