“I Promessi Sposi Alla Prova”: quando la Parola diviene Teatro

Ultima settimana utile per assistere al ritorno sulla scena de I Promessi Sposi Alla Prova di Giovanni Testori, che rimarrà in scena fino a domenica 7 Aprile. Trentacinque anni dopo quell’iconico 1984 in cui I Promessi Sposi Alla Prova calcano le scene per la prima volta al Salone Pier Lombardo, Andrée Ruth Shammah torna a curare la regia di quello che è certamente uno dei testi fondamentali della drammaturgia testoriana e, per esteso, della drammaturgia italiana.

Un ritorno commosso e pieno di riverenza quello della Shammah, un’ulteriore testimonianza di quel sodalizio vincente con Franco Parenti e Giovanni Testori e che ha portato poi alla nascita di quel Teatro che i milanesi continuano ad amare sempre di più. Riascoltare, seppur brevemente, la voce di Parenti che interpreta l’incipit di uno dei capisaldi della letteratura italiana diventa, dunque, ancora più evocativo evidenziando una sorta di filo conduttore tra passato e presente, tra classico e rivisitazione, tra i grandi autori che ci hanno preceduto e la loro grande eredità storica che spetta a noi riportare alla luce.

I Promessi Sposi Alla Prova è uno di quei classici senza tempo che anche a distanza di anni riesce a inserirsi efficacemente e significativamente nella contemporaneità, senza perdere pregnanza e ironia. La parola manzoniana si fonde perfettamente con quella testoriana, divenendo il nucleo pulsante dell’opera. È una parola “redenta” – per citare il testo- è una parola “che si fa vita, che si incarna, che si fa realtà”. Una realtà linguistica a volte complessa, ma non per questo meno ricca di fascino e musicalità.

La fedeltà all’opera suprema di Manzoni da parte di Testori riesce, proprio attraverso questa ricerca e questa attenzione alla parola ad enfatizzare la sua visione personale del teatro. I Promessi Sposi alla Prova è un testo commovente e allo stesso tempo ironico che mette in atto – attraverso dei richiami squisitamente pirandelliani e metateatrali – un vero e proprio svisceramento dei personaggi prodotti dal genio manzoniano. Renzo e Lucia, ma anche don Rodrigo, Agnese e Fra Cristoforo appaiono molto diversi da come ci venivano presentati sui banchi di scuola. Il “filtro testoriano” applicato a Manzoni funziona non solo dal punto di vista linguistico, ma soprattutto anche per la sua perfetta aderenza ai personaggi e a questo intrinseco desiderio di protesta e ribellione che si manifesta diversamente in ognuno di loro.

Significative appaiono anche le scelte legate all’impostazione scenica: l’apparente semplicità e “neutralità” degli oggetti di scena, si carica di valore simbolico sfruttando al meglio il potenziale illusorio ed immaginativo che contraddistingue il teatro fin dalle sue origini più remote. Un telo rosso di velluto, ad esempio, diviene un sipario dentro la scena o, ancora, un semplice microfono e uno sgabello divengono elementi essenziali e imprescindibili per la caratterizzazione di un personaggio come l’Innominato. Interessante, inoltre, il gioco di luci – e ombre- di Camilla Piccioni che diviene complice nel gioco e nel lavoro sui personaggi.

L’operazione sui personaggi è complessa ed estremamente interessante poiché fornisce un ulteriore strumento di analisi per l’esplorazione di un testo che fa parte del nostro bagaglio culturale, ma di cui spesso ignoriamo la valenza contemporanea. La regia della Shammah è molto attenta anche a questo ed è oltremodo significativa la scelta di affiancare a veterani della scena teatrale – Luca Lazzareschi, Carlina Torta, Laura Marinoni, Laura Pasetti – a nuove promesse del teatro, rispettivamente Filippo Lai, Nina Pons e Sebastiano Spada. Un confronto generazionale che, se vogliamo, è già presente nel testo di Manzoni, ma che qui trova una forma di espressione ancora più congeniale. La magistrale interpretazione di Laura Marinoni nel ruolo di Gertrude/Virginia insieme ai monologhi di Fra Cristoforo e dell’Innominato – entrambi impersonati da Luca Lazzareschi – possono essere considerati gli apici di quel crescendo emotivo in cui gli spettatori sono sapientemente guidati nei due atti del dramma testoriano.

I Promessi Sposi Alla Prova, in conclusione, è uno spettacolo denso e commovente che ha il grande merito, non solo di dimostrare il genio artistico di Testori, della Shammah e degli artisti in scena, ma anche di divenire lente di ingrandimento per una nuova lettura critica della realtà in cui viviamo.

 

di Giovanni Testori
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Luca LazzareschiLaura Marinoni e con Filippo Lai, Laura Pasetti, Nina Pons, Sebastiano Spada e la partecipazione di Carlina Torta.
scena Gianmaurizio Fercioni
costumi Andrée Ruth Shammah
luci Camilla Piccioni
musiche Michele Tadini e Paolo Ciarchi

aiuto regista Benedetta Frigerio
assistente alla regia Lorenzo Ponte
assistente allo spettacolo Diletta Ferruzzi
direttore dell’allestimento Alberto Accalai
pittore scenografo Santino Croci
assistente scenografa Olivia Fercioni
macchinista Marco Pirola
elettricista Domenico Ferrari
fonico Matteo Simonetta
sarta Caterina Airoldi
costumi scelti dal materiale di sartoria del Teatro curata da Simona Dondoni
scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti
foto di scena Noemi Ardesi

produzione Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana
con il sostegno dell’Associazione Giovanni Testori

 

Per ulteriori informazioni cliccate qui

 

 

 

 

 

 

 

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