I ‘SEI’ decimi pirandelliani di Roberto Latini

di Matteo Resemini

Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi? È questo il titolo dello spettacolo al quale potrete assistere fino a domenica 24 marzo al teatro Franco Parenti. Un’ora o poco più di stramba e squisita drammaturgia in grado di reinterpretare Pirandello, con un tocco “sobrio” di comicità plautina.

Era il 9 maggio 1921 quando dalle poltrone del teatro Valle di Roma si sentiva gridare da un lauto gruppo di spettatori: “Manicomio! Al Manicomio!”. Oggi le cose – evidentemente – non son cambiate.  Un secolo fa si decise di coronare in questo modo un riuscito, benché provocatorio, capolavoro di una delle più note penne italiane della drammaturgia, un Pirandello privo di barriere o limiti culturali, un Pirandello democraticissimo!

Quante volte abbiamo visto e rivisto le interpretazioni più spericolate o più fedeli al copione pirandelliano… ma con questo spettacolo lo sghiribizzo di Roberto Latini, con una punta di follia, ha reinterpretato l’onestà intellettuale e la trasparenza emotiva che i Sei personaggi  mostrarono sin da subito in una delle prime metateatrali della storia del teatro moderno.

Colpisce e sorprende non poco la recita in maschera di PierGiuseppe Di Tanno; un piedistallo ferreo, abbastanza alto per ergersi sopra di un pubblico, pronto a rivelare sfumature caratteriali e versatilità schizoidi, ma senza appesantire la scena.

Già conosciuto sulla scena contemporanea, lo scudo-studio registico di Latini, dopo aver tentato una rilettura con il teatro comico goldoniano e l’opera quartetto di H. Müller, fa ancora centro, ma è pur sempre utile indossare gli occhiali della tolleranza per vedere meglio coi 6/10 del palco.

Di Tanno, entusiasta ed entusiasmante, recita da solo e come voleva Pirandello interpreta “tante maschere e pochi volti”. Piuttosto della somma destrutturata di tutti i Sei personaggi in cerca d’autore, appare più come uno spirito Queer, un Odd-Man italianizzato che calza lattice, canotte pacchiane e gorgiera.

Ma a parte l’abbigliamento, sin dall’apertura del sipario, la dinamica naturale dell’opera si eclissa e naufraga in un vorticoso abisso di delicatezza, smorzata dai movimenti dinoccolati del suo interprete.

Un intreccio e una trama di suoni e di battute che si intersecano e danno prova di una grandissima ironia: è ironico il modo in cui ogni carattere riemerge sulla scena zuppo di novità, e noi ci riconosciamo ancora in queste!

Se l’opera originale vede il crollo dell’equilibrio familiare, qui si costruisce un esperimento rinnovato in grado di supplire anche a successive proposte future. Ben pensata anche la durata, e soprattutto la resistenza scenica, che spinta oltre, potrebbe stroppiare e infastidire un filo di troppo…

Uno studio interessante che merita di riaprire orizzonti teatrali chiusi da troppo tempo.

Vi consigliamo di munirvi di cautela e tatto; l’opera è coraggiosa, ma pur sempre meno coraggiosa di chi mette in scena il testo originale!
Interessante come intermezzo letterario…

 

drammaturgia e regia Roberto Latini
con PierGiuseppe Di Tanno
musiche e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
assistenza alla regia Alessandro Porcu
collaborazione tecnica Luca Baldini, Daria Grispino
foto Angelo Maggio

produzione Fortebraccio Teatro
con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi | con il contributo di MiBACT e Regione Emilia-Romagna

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