di Lucia Belardinelli
Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini rimarranno al Franco Parenti fino al 24 febbraio. I biglietti sono andati a ruba: la Sala Grande è ormai sold out e il motivo è chiaro. L’adattamento teatrale del capolavoro di Dostoevskji, al quale ha lavorato Carla Cavalluzzi a fianco di Rubini, merita davvero di esser visto.
In due orette scarse il romanzo che, diciamocelo, è un gran mattone, viene colto alla perfezione, tagliando, com’è inevitabile, alcuni dettagli di secondo piano. Quindi, se non si è trovata nella propria vita la forza di approcciarsi a questa pietra miliare della letteratura mondiale, si può rimediare andando una sera a teatro: minimo sforzo, massima resa.
Il sipario è aperto quando il pubblico entra in sala. La scenografia è complessa: c’è una pedana, posizionata sulla sinistra, su cui starà G.U.P. Alcaro, sound designer e musicista, per occuparsi della colonna sonora dello spettacolo. Ci sono dei soprabiti appesi a delle corde, disposti lungo tutto il palco: verranno fatti oscillare in diversi momenti per riprodurre il movimento della folla per le vie di San Pietroburgo, come se si trattasse di spettri. C’è un lettuccio sulla destra, un’iconografia mariana e poco altro.
La scena, pensata per essere il più possibile versatile, riproduce di volta in volta gli interni della casa del protagonista, il giovane ex studente di legge squattrinato Rodja Raskol’nikov, la dimora della vecchia usuraia da lui ammazzata, la strada, il commissariato o l’osteria. Con alcuni accorgimenti si passa da un ambiente all’altro: in realtà, è la parola dei due narratori/attori a permetterci di ricostruire ambienti e situazioni.
Serve uno sforzo di immaginazione per seguire lo svolgersi della vicenda, ma si tratta di uno sforzo di minima entità grazie al talento eccezionale di Lo Cascio e Rubini: il primo interpreta Rodja, il secondo dà vita a una lunga lista di personaggi senza far mai perdere per strada il pubblico. I due sono accompagnati da Roberto Salemi e Francesca Pasquini, che completano alla grande il ménage dei personaggi.
La struttura dello spettacolo è complessa: si passa da momenti di lettura, forse apparente, di brani cruciali del romanzo, a momenti di vera narrazione, ad altri di dialogo e recitazione canonica. L’alternanza di queste diverse forme potrebbe risultare macchinosa, ma non è questo il caso! In questo senso di nuovo una bella nota di merito va a Rubini per la regia.
I tormenti di Rodja dopo il duplice omicidio, dell’usuraia e della sorella innocente che si è trovata per caso sul luogo del delitto, sono splendidamente resi da Lo Cascio. La malattia, i rimorsi, le angosce e la paura di essere scoperto si fondono e si moltiplicano con il passare del tempo. Tutta la complessità psicologica delineata nel testo è presente in questa sintesi.
Alcuni sogni che inquietano Rodja sono messi in scena proprio allo scopo di far emergere tutti gli effetti fisici e mentali che seguono il delitto. Un sogno in particolare all’interno della pièce ha una forza straordinaria: si tratta di un incubo, in cui una cavallina già sofferente viene presa a frustate da un gruppo di ubriachi fino a una terribile morte. La commistione di voci e di grida induce uno sprofondare nel dolore.
Insomma se riuscite andate a vederlo, ne vale davvero la pena.
Per maggiori info cliccate qui.
adattamento teatrale di Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
con Luigi Lo Cascio, Sergio Rubini, Roberto Salemi e Francesca Pasquini, e con G.U.P. ALCARO
voci Federico Benvenuto, Simone Borrelli, Edoardo Coen, Alessandro Minati
regia Sergio Rubini
scene Gregorio Botta
costumi Antonella D’Ordi
musiche Giuseppe Vadalà
progetto sonoro G.U.P. ALCARO
luci Luca Barbati e Tommaso Toscano
regista collaboratore Gisella Gobbi
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
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