di Matteo Resemini
Con il percorso letterario dei Racconti d’Inverno, continua il ciclo di incontri narrativi del Teatro Franco Parenti, in questo caso in esimia compagnia dello scrittore e saggista Luca Scarlini, intervistato solo per voi. L’incontro, dal titolo Nero su bianco: fiabe oscure dal grande Nord, avrà luogo mercoledì 12 dicembre nella Palazzina dei Bagni Misteriosi. Un interessante e variegato modo di raccontare e rileggere la fiaba scandinava di ieri ai giorni nostri.
Con la fiaba Scandinava siamo nell’estremo nord dell’Europa. Un universo glaciale, alimentato da oscurità e inquietudini antropologiche. Per anticipare l’incontro di Luca Scarlini sui racconti nordici, gli abbiamo posto alcune domande di carattere generale, e al contempo puntiglioso, sulla letteratura di Hans Christian Andersen, Selma Lagerlof, Astrid Lindgren e Maria Gripe.
La fiaba ha – per così dire – una sua ‘stagionalità’, fondamentalmente più ancorata al freddo. Eppure è un genere che ha un suo calore collettivo. Antropologie a parte, ancora oggi è così secondo lei? Oppure la fiaba si è insterilita in un caldo più apatico?
La fiaba funziona benissimo, come sempre. Basti vedere le serie televisive che tutti vogliono registrare e rivedere oggi sul piccolo schermo, per esempio il caso celebre di American Horror Story.
I destini dei personaggi da adulti sono più che mai attuali nella storia contemporanea. Le fiabe sono sempre al centro della nostra vita, benché spesso ridotte in briciole e caratterizzate.
Naturalmente nel grande Nord, è chiaro, in base a come sono fatti quei paesi, con un centro piccolo, enormi foreste, pochi abitanti ed enormi spazi vuoti, accade che potenti terrori antichi siano molto più presenti che da noi, figli di una società e di una geografia parallela, ma particolarmente diversa.
Anche se da noi di tanto in tanto accadono situazioni particolari: l’Italia è un Paese estremamente peculiare, fatto di zone popolate e radure isolate. Determinate serie gotiche, che abbiamo anche noi, tornano di tanto in tanto in superficie.
Hans Christian Andersen è attualissimo, e non solo nei cartoni Disney & Co. I tipi sociali che troviamo nei suoi testi non hanno confini. Qual è secondo lei la fiaba di Andersen del 2018?
La fiaba che più ci corrisponde oggi nella sua attualità è sicuramente La regina delle nevi.
È una storia sulla vanità, anzi sulle vanità, perché nulla più della vanità ci descrive oggigiorno. In un’epoca di selfie continuativi e riflessi, la storia di una donna malvagia che si impadronisce di un bambino stupido calza a pennello. Con una scheggia di specchio che cresce nel cuore, fino a farlo trasformare in un bamboccio. E i bambocci oggi fioccano!
Lei è uno dei più grandi intenditori e biografi di Paolo Poli. Proprio lui che leggeva epicamente La Principessa Sul Pisello di Andersen, che cosa avrebbe detto oggi sull’utilità della fiaba?
Paolo Poli proviene da una televisione, quella degli anni ‘70, esattamente diversa da quella di oggi e parallela a quella congetturata ante tempore da Mark Twain, dove solo i cattivi ottenevano grandi successi.
Quindi direbbe che – come sempre – nelle fiabe, che sono crudeli, c’è una moralità assai maggiore rispetto a quella dei doveri e degli obblighi.
C’è sempre qualcosa che ha a che vedere con le vicende del destino e soprattutto è presente una relazione fortissima con il mondo della natura in contrasto col mondo familiare. La famiglia per antonomasia è cultura, la natura è spontanea e non artefatta.
Forse Paolo direbbe, uso il condizionale perché lui avrebbe detto “non mi interessa nulla di tutto ciò”, immagino però che avrebbe potuto difendere questa “moralità del contrario”, assolutamente necessaria per allontanare gli stereotipi più banali e comuni.
Nella lezione di mercoledì 12, presenterà anche tre note scrittrici svedesi: Selma Lagerlof, Astrid Lindgren e Maria Gripe. Che cosa le accomuna e cosa no?
In tutti tre i casi siamo di fronte a delle narrazioni scandinave che possono chiamarsi ‘fiabe’, ‘romanzi per ragazzi’, o semplicemente ‘racconti’; mi sembra evidente che vadano tutti nella stessa direzione. Tutti parlano della relazione tra il mondo economico, del denaro, contro le vere ragioni del cuore.
La fiaba sempre di quello si occupa, come ne La Bella e la Bestia, cioè quando tutte le sorelle vogliono vestiti preziosi, ori o gioielli, Belle, la sorella più timida, chiede una rosa in inverno, che sembra una cosa dappoco, ma in realtà è il dono più prezioso, perché la porterà a frequentare la Bestia, a vivere con questa e capirla.
Questo insegna che non bisogna soltanto guardare, ma vedere, perché il dono del vedere insegna molto di più! Tutte le fiabe sono mistiche e non a caso la Lagerlof, una scrittrice credente, ha scritto molto sul Natale, del suo miracolo, un miracolo che accade anche in condizioni umane e sociali estremamente sordide e degradate.
Se dovesse consigliare una fiaba, quale sceglierebbe?
Consiglierei una fiaba che è uscita recentemente in un’edizione italiana, che però è risalente agli anni ‘60, ed è di Maria Gripe. Potrebbe essere tranquillamente un testo dell’Ottocento. Si intitola I figli del mastro vetraio una storia terribile sulla volontà di dimenticare. Tema, lo ribadisco, azzeccato e molto attuale.
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