VITTORIO SGARBI: IL RITORNO

di Lucia Belardinelli

Vittorio Sgarbi torna al Teatro Franco Parenti per proseguire con la sua lectio magistralis sull’Autunno del talento: una seconda puntata che chiude definitivamente la rassegna d’Autunno ai Bagni Misteriosi.

Dopo il primo incontro alcuni membri del pubblico hanno lamentato una mancata coerenza tra la presentazione della lectio e quello che poi ne è stato l’effettivo contenuto. Vittorio parte giustificando le sue digressioni della scorsa volta sottolineando che di mattina dovremmo avere la mente aperta, ariosa, non dovremmo chiuderci alle imposizioni; la conversazione dovrebbe fluire libera, senza costrizioni…

Ma se il pubblico vuole sentire Sgarbi parlare di pittura… così sia.

Nella poesia Autunno Vincenzo Cardarelli afferma che c’è un momento in cui ci accorgiamo di aver vissuto più di quanto si vivrà: a un certo punto ci rendiamo conto che il miglior tempo è passato. Per lui il miglior tempo della nostra vita coincide con la giovinezza… Ma Sgarbi ci ricorda che, grazie a Dio, sono tutte fesserie. Basterà pensare ad alcuni dei più grandi artisti di tutti i tempi per avere una felice smentita. Ci sono talenti che nella vecchiaia hanno trovato una spinta inaspettata.

Partiamo da Giovanni Bellini, pittore veneto, nato nel 1430 e morto nel 1516. Uno dei suoi più grandi capolavori, realizzato negli anni ’40, è la Pala di Pesaro: Bellini sconvolge lo schema medievale del polittico per dipingere santi impegnati in una sacra conversazione. Il Medioevo giunge al capolinea: i santi non sono più racchiusi singolarmente in una nicchia, ma sono inseriti in uno spazio unitario che consente la conversazione. Bellini ha più o meno trentacinque anni quando dipinge questa pala.

Con un balzo temporale ci catapultiamo nel 1513, quando un Bellini che ha ormai superato l’ottantina dipinge il San Giovanni Crisostomo: si tratta di una composizione straordinaria per la libertà, la compostezza e l’originalità, oltre che per l’irruzione della natura nello scenario sacro. Questa pala non ha assolutamente nulla di senile. Ulteriore opera realizzata al tramonto della vita dell’artista è l’Ebrezza di Noè: un dipinto talmente pieno di energia e vitalità che sembra scaturito dalla mano di un ragazzo. Nel caso di questo artista la vecchiaia non ha fatto che accrescerne la perfezione.

Passiamo a Michelangelo che, a ventitré anni concepì la Pietà vaticana. Qui la Vergine (che nella realtà storica avrebbe dovuto avere circa cinquanta anni) è diciottenne e imperturbabile: non soffre, non può soffrire perché sa tutto. È la raffigurazione della vittoria contro il tempo e contro la morte. È un concetto, è l’idea di resistenza al male.

Dopo circa sessantacinque anni Michelangelo scolpisce la Pietà Rondanini: la Vergine qui è dolente, non può accettare che Cristo muoia, lo sostiene come fosse una spina dorsale. È l’innovazione di una Pietà verticale, in cui la madre non vuole che il figlio cada. Emerge il senso di un tempo crudele, tutto è tensione affinché la morte non accada. L’opera è incompiuta: il non finito per Michelangelo esprime la consapevolezza per cui non c’è bisogno di arrivare in fondo, è un dire e non dire. Nel suo autunno Michelangelo è più geniale.

È la volta di Parmigianino, morto a soli trentasette anni. La breve esistenza fu comunque sufficiente per raggiungere la perfezione: la Madonna dal collo lungo, quadro in cui Maria tiene tra le braccia un Gesù bambino dormiente che prefigura il Cristo morto. Nel vaso d’argento il bambino proietta se stesso come croce, immagine del suo destino. La sua ultima opera, la Pala di Casalmaggiore, è una delle più sublimi: è una pittura concettuale in cui la Madonna è spinta lontano, le consuete gerarchie si capovolgono e in primo piano emergono dei personaggi secondari, al punto che la confusione e il delirio che ne scaturiscono non possono che farci guardare a questa pala come a un epilogo.

92 minuti di applausi.

Sgarbi, dopo la standing ovation, chiude definitivamente la lectio con un accenno a Piero Guccione, morto pochi giorni fa, all’età di ottantatré anni. La pittura figurativa astratta di Guccione intende far sentire l’infinito oltre il mare: pensiamo a Luce mattutina, dove il mare si confonde con il cielo e la luna rappresenta la dimensione onirica. Piero era ateo, ma nei suoi quadri, specialmente negli ultimi, emerge sempre un’idea di Dio, un’urgenza interiore, una presenza religiosa che va al di là del cristianesimo: è la speranza che Dio esista.

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