di Matteo Resemini
Non c’è traccia di patetico e melenso femminismo, ma solo un’osanna all’autonomia intellettuale di una donna unica perché ci ha scoperti unici. Al Teatro Franco Parenti fino a domenica 15 aprile debutterà Il segreto della vita di Anna Ziegler, con la regia di Filippo Dini: la storia commovente, appassionante e a tratti divertente della scienziata inglese Rosalind Franklin.
La prima e l’ultima scena combaciano come una fotografia e il suo negativo, come un hortus conclusus di uomini che circondano inermi una grande donna, appoggiata esanime a una sedia di un freddo laboratorio. Subito dopo un susseguirsi di analessi e prolessi temporali ripercorrono la breve vita di Rosalind Franklin che, per chi non la conoscesse, è stata madre, ma anche figlia, di un’importante scoperta scientifica: quella dell’acido desossiribonucleico, alias il DNA.
Una biologa molecolare dal carattere impervio, magnifico e detestabile, dolce e complesso al contempo, e interpretata ad personam dalla bravissima Lucia Mascino, perfetta per questo ruolo e reduce dal grande schermo di “Amori che non sanno stare al mondo”, l’ultimo film di Francesca Comencini, o da quello piccolo al fianco di Filippo Timi ne “I delitti del BarLume” su SKY.
La Mascino fin dal primo momento riesce a far innamorare il pubblico del suo personaggio fin dall’apertura del sipario, mostrando le debolezze di un carattere tortuoso e tenace di una donna ebrea, laureata, sopravvissuta al nazismo e preda del maschilismo accademico del secondo Dopoguerra. Filippo Dini, oltre ad aver curato una regia dinamica, ricca di “botta e risposta” tra passato, futuro e di scienziati comunicanti come vasi di Archimede, interpreta anche il ruolo di Maurice Wilkins, il direttore scontroso e dolce del laboratorio dove Rosalind scoprì Il segreto della vita, la microscopia dell’amore.
Mario Iubatti e Paolo Zuccari sono James Watson e Francis Crick, gli autori del “furto intellettuale” delle scoperte della Franklin e quindi vincitori di convenienza del premio Nobel nel 1962. Giulio Della Monica e Alessandro Tedeschi interpretano invece i due dottorandi che assistettero la scienziata fino al 1958, anno nel quale Rosalind morì per un cancro ovarico all’età di 37 anni, dopo un’eccessiva esposizione ai raggi X.
La vicenda della Franklin, immolata inconsciamente a favore degli interessi di altri, nel clou della sua collaborazione con il King’s College di Londra, non è rilevante solo per l’apporto scientifico concesso a un’università prestigiosa, ma per quello umanitario regalato al mondo; come spettatori assistiamo alla mutazione di un corpo e di una vita spesa altruisticamente nella monacale reclusione di un laboratorio. Sembrerebbe un paradosso, ma è lì che giace, ancora una volta, il Dio muto di questa donna.
Assistere allo spettacolo significa sorprendersi della quantità di poesia e arte fuse e sedimentate nella scienza. Ogni mite esistenza diventa protagonista di un senso molto più ampio, al quale si intreccia come un tassello nella Storia. Si racconta di una figura carismatica che ha fatto della chimica una priorità e un bisogno da condividere, senza però dimenticarsi dei valori umani. Sulla lavagna dei sentimenti, oltre alle formule e alle cristallo-fotografie, c’è la firma senza diffrazioni di una biografia che non tedia neppure per un millisecondo.
Momenti di ironia si alternano ad attimi di rabbia e di dolore, immergendo lo spettatore in un corollario immenso di emozioni che lo tiene ancorato al rosso velluto delle poltroncine. I monologhi sono semplici, profondi e calcolati sulla resa del realismo d’azione, senza immagini troppo arzigogolate o noiose. Una pièce che proietta sui banchi di scuola, fornendo al pubblico una lezione sulla ricerca del vero e che insegna a cercare l’autentico senso della vita.
A corredare una regia attenta e una recitazione ben ritmata, si incastonano le scene pulite di Laura Benzi, in un’unità tripartita e strutturata da pannelli mobili e circolari di tela bianca, sui quali vengono proiettate delle immagini emozionanti curate da Claudio Cianfoni. Fedeli agli anni ’50 e casual-chic sono invece i costumi di Andrea Viotti.
A sessan’anni esatti dalla sua scomparsa, Rosalind Franklin ha avuto nuovamente un meritato riscatto!
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