Il giocatore: quando la realtà supera la finzione

di Michele Iuculano

Vitaliano Trevisan porta in scena la grande letteratura con Il giocatore di Fëdor Dostoevskij – fino al 4 febbraio sul palco della Sala Grande – primo spettacolo del Percorso Dostoevskij proposto dal Teatro Franco Parenti per questa stagione. A seguire La confessione, Il topo del sottosuolo e Delitto e castigo, tre messe in scena che portano la firma di Alberto Oliva (regia/adattamento) e Mino Manni (adattamento/attore), prodotte dal TFP e volte a un’indagine profonda sullo scrittore russo e sulle sue tematiche.

Mai come in questo caso biografia e narrazione si fondono nell’opera di Dostoevskij: lo scrittore, sommerso dai debiti, decise di “scommettere” con il suo editore e, a fronte di un anticipo, nel 1865 firmò un contratto per il quale avrebbe ceduto tutti i diritti dei suoi libri se non avesse pubblicato un nuovo romanzo entro il novembre dell’anno successivo.

Ottobre 1866, scommessa nella scommessa, Fëdor non aveva ancora scritto nulla. Eppure, ventotto giorni dopo spediva all’editore Il giocatore, opera ispirata alla sua esperienza personale. Dostoevskij nel frattempo aveva vinto il vizio del gioco: la stesura del romanzo e l’amore sbocciato per la sua giovane stenografa, che lo aveva aiutato a pubblicare entro la scadenza, lo avevano salvato. Se crediamo nell’effetto catartico dell’arte potremmo sperare che, come per Dostoevskij, questo spettacolo curi dalle ossessioni anche la nostra società.

Sipario chiuso. Due tavoli e due sedie in proscenio.
Inizia così Il giocatore del regista Gabriele Russo. Il sipario poi si apre e una clessidra viene posizionata sul tavolo di destra. Il tempo: quello che resta a Dostoevskij – 28 giorni – per scrivere un romanzo, e quello che ha Aleksej Ivànovic, il protagonista – un’ora – per guadagnare al gioco quanti più rubli possibile per l’amata Polina.

Un continuo parallelismo tra protagonista/narratore e autore, due vite che si intrecciano e si incontrano tra realtà e finzione narrativa, mostrando, come unica via d’uscita dal vertiginoso labirinto del vizio, la vita, l’amore, l’arte. Daniele Russo (Fëdor Dostoevskij/Aleksej Ivànovic) interpreta magistralmente la parte, passando da autore a personaggio/narratore con estrema raffinatezza e senza sbavature, in un equilibrato gioco di ruoli di cui sorprende la sottile e sincera evidenza.

Realizzazione perfettamente riuscita anche grazie all’eccellente lavoro di Salvatore Palladino – direttore delle luci – che crea un’opera d’arte fatta di ombre e colori in continuo divenire: le luci cambiano insieme al mutare dei personaggi e delle scene. Due faretti si accendono sui tavoli in proscenio ed ecco lo scrittore al lavoro; la luce si abbassa, il verde domina la scena, ed ecco che il tappeto del salotto, prima grigio topo, si trasforma nel verde tavolo da gioco; una luce bianca a occhio di bue opprime il personaggio a centro scena oscurando tutto ciò che gli sta attorno, ecco il vizio, il delirio di fronte alla roulette che non lascia spazio ad altri pensieri.

L’introspezione psicologica dei personaggi ci è suggerita anche dai numeri della roulette, protagonisti della scenografia, che, comparendo dietro le tappezzerie delle pareti ricordano al giocatore la sua ansia perenne, e rimangono poi impressi sui muri come nelle menti dei personaggi.

La regia di Daniele Russo, insieme alle scene e ai costumi, continuano poi a ricordarci come il vizio del gioco non abbia epoca: nella città senza tempo di Roulettenburg convivono clessidre antiche e poltrone dal design contemporaneo, l’eleganza del salotto romantico di fine ‘800 e il cappotto di pelle con cappuccio di Aleksej; le musiche da camera e i rumori caotici di una metropoli. Anche la drammaturgia contribuisce a creare l’atmosfera atemporale, evidenziando, ogni volta che si presenta l’occasione, il valore in dollari e poi in euro delle cifre inizialmente espresse in rubli.

Il giocatore è uno spettacolo sorprendente, che cattura il pubblico ancor prima che si apra il sipario, e poi non lo lascia più, traghettandolo tra risate amare e sentito dispiacere, coinvolgimento totale e suspance.

Curiosi di andarlo a vedere?
“È solo un trucco da vecchio scrittore: si crea una certa aspettativa e poi: buio!”

da Fëdor Dostoevskij

adattamento Vitaliano Trevisan

con Daniele Russo, Marcello Romolo, Camilla Semino Favro, Paolo Sambo, Alfredo Angelici, Martina Galletta, Alessio Piazza; Sebastiano Gavasso

regia Gabriele Russo

scene Roberto Crea

costumi Chiara Aversano

disegno luci Salvatore Palladino

movimenti scenici Eugenio Dura

Per ulteriori informazioni: https://www.teatrofrancoparenti.it/spettacolo/il-giocatore/

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