Di Michele Iuculano
Il suo spettacolo, in scena dal 15 dicembre al Teatro Franco Parenti, è il viaggio di “un’adulta che non riesce a smettere di essere bambina”. Così Serena Balivo accompagna lo spettatore verso una presa di coscienza del nostro essere adulti.
Perché portare in scena la storia di una fanciulla che affronta il suo ingresso nel mondo dei grandi?
L’inferno e la fanciulla è una riflessione sul nostro modo di essere adulti.
Io e Mariano Dammacco proviamo a portare sulla scena del Franco Parenti qualcosa in più che la storia di una bambina al suo primo giorno di scuola, tentiamo di offrire agli spettatori uno sguardo sull’esistenza di tutti noi, uno sguardo focalizzato sulla parte infantile che spesso alberga negli adulti e nel loro mondo.
Più che di infanzia, si parla dell’infantilismo in cui si rischia di rimanere incastrati e che emerge dal nostro modo di reagire agli accadimenti della vita e alle relazioni con gli altri.
Quanto c’è di Serena nella fanciulla?
Pur non trattandosi di un’autobiografia, quello che sento di mio nel personaggio, prima come autrice insieme a Mariano poi come attrice, è la percezione del mondo in cui viviamo come un mondo abitato, più del dovuto forse, o più di quanto ci si immagini o si voglia credere, da logiche infantili, logiche che ancor prima che il mondo intorno, abitano il nostro mondo interiore. Da questa percezione nasce la fanciulla.
Nei nostri spettacoli non c’è autobiografismo, piuttosto sono presenti la necessità e la volontà di condividere con lo spettatore uno sguardo sulla realtà, uno sguardo che consenta una riflessione su tematiche o sentimenti intorno ai quali ci poniamo delle domande.
Dunque non si tratta tanto di raccontare una vicenda, personale o meno, quanto della traduzione scenica di un pensiero, di un discorso drammaturgico e di una riflessione che possano incontrare lo spettatore e interessarlo, e forse fargli pensare per un attimo che si sta parlando anche di lui e della sua vita.
Come è nato questo spettacolo?
L’inferno e la fanciulla è il mio primo testo teatrale. Nel 2011 ho partecipato al premio Giovani Realtà del Teatro con un monologo di dieci minuti in cui ho abbozzato un prototipo di quella che è oggi la fanciullina.
Ho vinto il premio e ho quindi deciso di chiedere a Mariano di aiutarmi a portare sulla scena questo personaggio: da sola non me la sentivo di affrontare un lavoro complesso come quello del drammaturgo.
A partire dall’intuizione di questa prima fanciullina, dei suoi movimenti e del suo modo di parlare, è iniziata la costruzione del personaggio che vedrete in scena a partire dal 15 dicembre.
Che metodo di lavoro avete utilizzato?
Lo spettacolo si inserisce in una metodologia propria della Compagnia Dammacco, in particolare per l’Inferno abbiamo lavorato in sala e fuori dalla sala.
Mi spiego: ho creato una figura con una sua caratterizzazione fisica e vocale e, soprattutto, con un suo modo di pensare.
Attraverso un lavoro di ricerca su me stessa, lavorando anche fuori dalla sala, ho poi reso concrete e dettagliate partitura e pensiero del personaggio.
Questo mi ha consentito, tornando infine alla pagina scritta, di avvicinare la drammaturgia lavorando su tutti i suoi particolari in modo tale da restituire allo spettatore il discorso drammaturgico degli autori.
Un teatro accessibile a tutti: come avete lavorato sui linguaggi?
In tutte le nostre drammaturgie l’intenzione è quella di consentire allo spettatore una fruizione dello spettacolo su più piani, facendo di tutto perché possa essere accessibile a tutti.
La fanciullina, per esempio, racconta in modo chiaro, con parole semplici, tutta la sua storia, tendendo una mano allo spettatore per condurlo nel suo viaggio all’inferno.
Ma, accanto alla fanciulla, c’è una seconda figura nello spettacolo, una figura che abbiamo battezzato come L’altra e che utilizza una lingua poetica, meno narrativa, per suggerire allo spettatore la possibilità di leggere la vicenda anche in chiave allegorica.
Come si inserisce lo spettacolo all’interno della Trilogia della fine del mondo?
La Trilogia inizia nel 2012 con L’ultima notte di Antonio per proseguire con Esilio, spettacolo del 2016 che sarà in scena al Franco Parenti a gennaio, e si concluderà con il nostro prossimo spettacolo intitolato La Buona educazione, al Franco Parenti il prossimo giugno.
Tuttavia, col tempo la prassi di lavoro e la poetica della Compagnia sono andate delineandosi sempre più chiaramente tanto che ora consideriamo L’inferno e la fanciulla, spettacolo del 2014, come parte della Trilogia insieme ad Esilio e La buona educazione.
La Trilogia indaga la vita nei suoi aspetti quotidiani attraverso una lente quasi apocalittica, svelando forse un mondo che è finito, o sta finendo, per interrogarci sul mondo nuovo che dobbiamo affrontare.
Cerchiamo poi di affrontare queste tematiche con un sorriso, convinti che questo possa creare un ponte con lo spettatore e spingerlo a cercare sé stesso nello spettacolo.
Il viaggio inizia il 15 dicembre, prepariamoci per farci traghettare nell’inferno della nostra quotidianità.
15 Dicembre – 17 Dicembre 2017
L’INFERNO E LA FANCIULLA
ideazione e drammaturgia Mariano Dammacco, Serena Balivo
con Serena Balivo
regia Mariano Dammacco
immagine di locandina Stella Monesi
produzione Piccola Compagnia Dammacco
Per orari, prezzi e ulteriori informazioni:
http://www.teatrofrancoparenti.it/?p=informazioni-spettacolo&i=1720
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