di Noemi Sferlazza
“Casa dolce casa”. Per ognuno avere una casa oltre ad essere un diritto, significa anche avere un rifugio, un luogo che ci identifica e definisce la nostra personalità, il risultato di un duro lavoro. Ma, se questa casa che ci è costata sudore, sacrifici e, qui, addirittura una mano, si trasformasse in una stanza che “non ha più pareti”? Se il cielo diventasse il nostro unico tetto? La Compagnia Punta Corsara risponde con ironia e sarcasmo a questa domanda, raccontando le vicissitudini di un condominio napoletano e percorrendo mezzo secolo di storia italiana.
“Questa compagnia napoletana cerca di usare il teatro come strumento di inclusione sociale, soprattutto in un quartiere complesso come quello di Scampia”, spiega la mia vicina di poltrona al suo compagno. Ed è proprio così. Con questo spettacolo veniamo trascinati a Napoli attraverso immagini, suoni e colori che ci mostrano uno spaccato di vita tra emigrazione, abusi edilizi e desiderio di rivalsa. La recitazione vera, o meglio verace, nonostante la drammaticità del racconto, strappa numerose risate e crea una situazione “familiare” che accoglie il pubblico a braccia aperte.
L’elemento che maggiormente colpisce lo spettatore è l’utilizzo che gli attori fanno di scenografia e spazio. L’ “Inferno” del condominio, ormai in rovina, è creato grazie ad una struttura su più livelli in cui i protagonisti si muovono agilmente.
Come i dannati descritti da Dante, infatti, sono ormai destinati a ripetere eternamente gli stessi gesti e azioni come contrappasso per i loro peccati. Così ci vengono presentati il “Sotterrato”, costretto sotto le macerie pena il crollo dell’intero edificio, ed “Alce Nero” che difende i colombi dal fucile di Carmela. La forza narrativa risiede proprio nella coralità che unisce i vari personaggi che, in una sorta di danza macabra, lottano per fuggire da questo girone dantesco.
Fiamme infernali nelle quali sono stati gettati senza aver compiuto nessun peccato. Non sono dunque peccatori, bensì vittime di una giustizia corrotta che tende la mano ai potenti e abbandona i più deboli. E allora, se non ci si può fidare neanche della Legge, la domanda sorge spontanea: “A cosa dovremmo affidarci?”. È questo il grido straziante che sale e riempie il teatro.
La legge del taglione: “occhio per occhio, dente per dente”? La vendetta privata? Il ritorno ad una società primitiva dove vige la legge del più forte? Sono davvero solo queste le possibilità che ci rimangono? L’indecisione regna sovrana, il caos si insinua nelle relazioni tra i protagonisti: seguire ancora una volta la ragione o lasciarsi guidare finalmente dall’istinto?
Nella pièce si ricorre, alla fine, ad una soluzione “inusuale”, per spiegare una realtà insensata e incomprensibile. Viene così chiamato in causa un grande tòpos letterario, che strizza l’occhio a De Filippo e che diventa espressione massima del surrealismo di questa grottesca situazione.
La risposta dunque non è univoca, non c’è bianco o nero, solo grigio. Un grigio che spetta a noi decidere di quali sfumature colorare. La missione dunque qual è? Far quadrare il cerchio. La Terra (cerchio), nostra casa comune, deve convivere in maniera coerente con il nostro appartamento (quadrato), abitazione individuale. E se questo compito ci pare impossibile (ce lo hanno dimostrato anni di studi e ricerche), è tuttavia indispensabile.
Ciascuno di noi è parte integrante di un ingranaggio immenso chiamato umanità la cui casa è realmente una stanza senza pareti. Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, un cielo meraviglioso di cui ognuno ha il diritto di godere in maniera equa.
di Armando Pirozzi e Emanuele Valenti
regia Emanuele Valenti
con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Sergio Longobardi, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella, Peppe Papa
disegno luci Giuseppe Di Lorenzo
voce Peppe Papa
scene Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
disegno luci Giuseppe Di Lorenzo
organizzazione e collaborazione artistica Marina Dammacco
Orario, prezzi, info http://www.teatrofrancoparenti.it/?p=informazioni-spettacolo&i=1721
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