Quando il balletto viene reinventato nasce Sylphidarium

di Lucia Belardinelli 

Se si vuole vedere un balletto nel pieno senso della parola, andare al Teatro dell’Arte, il 14 o il 15 Novembre, dove è in scena Sylphidarium, forse non è una scelta appropriata. Nessuno qui danza sugli schemi di Marius Petipa con indosso un soffice tutù: Francesca Pennini, l’ideatrice del lavoro, nonché coreografa e danzatrice nello stesso, smonta la disciplina di un classico balletto per portare sul palco un’energia esplosiva, in una libertà espressiva travolgente.

In uno sfondo povero e bianco si muovono gli otto performer, ballerini con incredibili capacità atletiche. Sul lato sinistro del palco siedono gli strumentisti: la musica è realizzata live da un’eccellente violinista, Marlène Prodigo, e dal percussionista, Flavio Tanzi. Le musiche originali di Francesco Antonioni si mescolano a quelle di Chopin con repentini cambiamenti di tono. Il lato sinistro del palco funge da camerino a cielo aperto: i ballerini si cambiamo ripetutamente sotto l’occhio voyeuristico del pubblico. Proprio i costumi, oltre ai non-costumi, incarnano un focus centrale dello spettacolo. Il tutto inizia con una sorta di sfilata ironica accompagnata da una voce narrante che descrive una cospicua serie di tipi umani: nel frattempo uno degli otto è assopito e sognante. Finito il sonno… Il sogno termina o incomincia?

La passerella sfocia in danze, in movenze che ricordano il mondo animale, in particolare quello degli insetti: i silfidi sono proprio coleotteri usati dagli scienziati per risalire all’ora del decesso di un corpo. Ma la Silfide è anche una figura femminile della mitologia germanica, agile e snella, infatti la parola è normalmente usata per indicare ragazze di analoga corporatura. Non si può non ricordare inoltre che La Sylphide di Maria Taglioni del 1832 è l’atto di affermazione del ballo sulle punte e del tutù.

Dopo alcune danze e vari cambi di costume… Quest’ultimo inizia a venir meno. Si passa da abiti quasi normali a ironici pigiami, finché pian piano la dimensione delle stoffe diminuisce e ci troviamo davanti i ballerini completamente nudi, che si muovono, con ardore, sul palco. Scene di baci appassionati, tra uomo e donna, tra uomo e uomo, tra donna e donna… Insomma un inno all’amore carnale e promiscuo. Oltre alla fase dell’accoppiamento è presente la fase del pasto conviviale: gli otto, seduti in terra con il solo velo epidermico mangiano popcorn, in una scena che ricorda il mondo delle caverne.

Verso la fine dello spettacolo i performer si riappropriano della stoffa, di lycra argentata e rilucente, per dare avvio tutti insieme ad una serie di esercizi che mixano la ginnastica, l’aerobica e il culturismo, con un probabile omaggio a Jane Fonda, fin quando singolarmente abbandonano il gruppo per stendersi a un lato del palco. Questa sequenza finale ha dato ulteriore conferma della innegabile bravura dei ballerini di CollettivO CineticO.

Terminato lo spettacolo, con il prezioso aiuto di Roberta Maroncelli, sono state ascoltate alcune impressioni degli spettatori… I pareri sono stati contrastanti…

Anna ci dice: “Mi ha emozionato, non posso negarlo, ero attratta dalla bravura dei ballerini, dalla bellezza dei corpi… ma, a parer mio, la potenzialità dei ballerini non è stata espressa a pieno, avrei voluto vedere qualcosa di più armonico, di più costruito”.

Insomma poteva andare meglio… Tant’è che Dalila afferma: “A me non è piaciuto, perché non ho seguito la storia (se c’era una storia). Mi è piaciuta la parte finale, la parte che definirei aerobica. Non ho visto troppa originalità nelle coreografie rispetto ad altri gruppi. Scene di nudo insensate, fini a se stesse, non necessarie, ma certamente non volgari”.

Anche Marika si aspettava altro… “È stato il mio primo approccio alla danza contemporanea. Sicuramente la mia attenzione è stata còlta. Non ho capito neanche io la trama narrativa, non ho capito la nudità, non sono riuscita a contestualizzarla, anche se non è risultata volgare. Sicuramente la parte finale, quella corale, è stata di maggiore impatto”.

Ma non facciamo di tutta l’erba un fascio. L’idea di Daniele infatti è molto diversa: “Mi è piaciuto moltissimo. Io conosco già il gruppo, lo seguo da un po’ di tempo. Trovo che sia un bellissimo lavoro, perfetto nello stile. Non c’è stato nulla di sbagliato: la scena, i costumi… Il nudo è stato calibrato e ragionato bene, in fondo è un costume anche quello, non poteva non esserci”.

Altri due pareri sono risultati assolutamente positivi. A Valentina è piaciuta l’assenza delle quinte, l’idea dell’open stage. Ha trovato lo spettacolo molto bello e assolutamente contemporaneo. Anche Matteo l’ha apprezzato parecchio: dalla semplicità della scenografia, all’idea del cambio di costumi sul palco, alla bravura dei ballerini.

Un progetto Triennale Teatro dell’Arte e Teatro Franco Parenti

CONCEPT, REGIA E COREOGRAFIA Francesca Pennini

MUSICHE ORIGINALI Francesco Antonioni

VIOLINO Marlène Prodigo

PERCUSSIONI Riccardo Guidarini

Coproduzione CollettivO CineticO, Théâtre de Liège, Torinodanza Festival, MITO SettembreMusica, Cango Catieri Goldonetta Firenze

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