di Andrea Piazza
In una stanza ci sono un professore, un musulmano, un ebreo e un induista. Non è l’inizio di una barzelletta ma una delle scene de L’ora di ricevimento, lo spettacolo di Stefano Massimi in scena al Teatro Franco Parenti fino a questa domenica, 29 ottobre.
Eppure questa potrebbe anche essere una barzelletta. Fa ridere, molto. Ma non solo. La scena della gita scolastica, quando i genitori degli alunni e il povero docente accompagnatore cercano di venire a capo della tradizionale escursione di due giorni alla Duna di Pilat, diventa la chiave di accesso a qualcosa di più grande: dietro le paradossali e divertentissime difficoltà ecco emergere i problemi della multiculturalità, dello scontro tra religioni diverse, il mondo dei precetti e delle restrizioni, così che dietro l’insalata colpevolmente condita con l’aceto di vino (peccato mortale!) si nasconde il prossimo camion lanciato sulla folla e rivendicato dal Califfato.
Stefano Massini, autore del testo (l’elemento sicuramente più forte di tutto l’allestimento), sceglie infatti di partire dall’aula ammuffita di una scuola di periferia: siamo a Les Izards, scuola media della profonda banlieu di Tolosa, tra etnie e culture diverse. Il protagonista cinico e sarcastico è il professor Ardeche, insegnante di lettere: attraverso le sue parole, e attraverso i suoi occhi, trascorriamo un anno in quella classe di undicenni, con il Boss e il suo Bodyguard, la Rassegnata, il Raffreddato e l’Invisibile. Non è una scuola, ma una giungla, o meglio, “una gabbia di serpenti e cobra”, come ripete Ardeche, dove si sopravvive – aggiunge – solo con una buona dose di rassegnazione esistenziale. E mese dopo mese, l’anno passa: da settembre arriva un nuovo settembre e noi spettatori assistiamo a incontri, scontri e confronti che avvengono una volta alla settimana, il giovedì, tra le 11 e le 12, in quell’ora di ricevimento in cui il professore e i genitori si possono incontrare.
È una mondo di adulti, quello che ci mostra Massini con il suo sguardo straniante e sarcastico, di adulti che non riescono a non rendersi impossibile la vita a vicenda. Solo una volta entra in scena un ragazzo, un ex allievo, ma è già troppo tardi: quell’Invisibile, con le sue parole e il suo zaino, echeggerà nella nostra testa mentre gli spari risuonano in teatro. Perché anche di questo riesce a parlare Massini: del compito supremo dell’educazione, della sua infinità difficoltà.
In questo allestimento, curato da Michele Placido, l’azzeccato professor Ardeche è Fabrizio Bentivoglio,: perfettamente a proprio agio nelle parti comiche, l’attore instaura con il pubblico una relazione diretta e proficua, aiutato da un testo che racconta molto invece di mostrare azioni. E in un certo senso, tutti noi spettatori diventiamo parte di quella classe dalle pareti umide e grigie che è sul palco. A condividere la scena con Bentivoglio è un cast di attori delle più diverse provenienze: occorrerà citare almeno la più che ben riuscita performance di Francesco Bolo Rossini, timido e spaventato professore di matematica arrivato in mezzo ai cobra direttamente dall’università.
La regia crea uno spettacolo che non fa sentire la propria durata, scegliendo di puntare su scene concluse, separate le une dalle altre, concentrate al massimo sulla ricerca di un effetto comico quasi macchiettistico per sottolineare l’assurdità delle divisioni culturali. È una commedia, senza dubbio, ma dietro alle risate lo spettacolo scava in chi guarda, pone domande, suscita inquietudini, fino allo spiazzante finale, simbolo fin troppo attuale di un fallimento educativo prima ancora che politico o culturale.
L’ora di ricevimento, insomma, merita di essere visto. Per l’allestimento divertito di Michele Placido, per un Fabrizio Bentivoglio perfettamente a proprio agio in quei panni cinici, ma soprattutto per un testo che fa centro al primo colpo.
L’ORA DI RICEVIMENTO
regia Michele Placido
con Fabrizio Bentivoglio
e Francesco Bolo Rossini, Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Rabii Brahim, Vittoria Corallo, Andrea Iarlori, Balkissa Maiga, Giulia Zeetti, Marouane Zotti
scena Marco Rossi
costumi Andrea Cavalletto
musiche originali Luca D’Alberto – voce cantante Federica Vincenti
luci Simone De Angelis
Produzione Teatro Stabile dell’Umbria
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