Intervista a Lorenzo Vitalone di Roberta Maroncelli
Basta entrare nel foyer per capire che il Teatro Franco Parenti è un luogo speciale, che accoglie le esperienze più diverse. Da quest’anno, in particolar modo, il TFP si dedica a una nuova sfida: portare a teatro la bellezza della poesia e dei suoi autori.
Per amore della poesia. Parole non tradite/tradotte è un ciclo inedito dedicato alla poesia italiana, per riscoprire la bellezza della nostra cultura, che verrà inaugurato questa domenica, 22 ottobre, con una serata dedicata a Sandro Penna, portato sulla scena dal giovane attore Lino Guanciale.
Dalla pagina al palcoscenico. Da Dino Campana a Giorgio Caproni, da Patrizia Cavalli a Dacia Maraini, la poesia si trasforma e diventa respiro, in un viaggio fisico, visivo e sonoro nelle parole. Ne abbiamo parlato con a Lorenzo Vitalone, uno degli ideatori di questo ciclo e già collaboratore del festival Milano Poesia.
Perché fare poesia a teatro?
La poesia è la più fragile tra le arti, quindi va protetta e conservata. È difficilissima da leggere e noi siamo contro l’enfasi che poteva essere usata dagli attori trent’anni fa. Questo cicloha senso per allargare le possibilità e le curiosità del pubblico. È un discorso sul linguaggio importantissimo, perché è il massimo della sintesi: la poesia ha tutto un altro andamento, è una cosa molto delicata da trattare, è sperimentazione della parola. Questo atto collettivo che facciamo a teatro è uno stare insieme uniti dalle parole, dalla conoscenza di un poeta. Abbiamo voluto creare qualcosa, la poesia che esce dalla pagina e che diventa un’altra cosa. Penso che la poesia vada letta sempre, perché ha un suo schema, una struttura visiva molto importante: diventa un “poema sonoro”, un quadro, formato dalle virgole, dagli a-capo, dalle maiuscole. Ecco perché mi piacerebbe che venisse proiettata nel foyer con video di poeti, come la Merini, Pasolini, Ungaretti, anche per sentire la voce dei poeti e come essa risuoni.
Perché la poesia italiana?
Abbiamo sottotitolato questo evento “Parole non tradite/tradotte” perché la traduzione a volte è un tradimento, quindi con la poesia italiana, letta in italiano, non c’è questo fraintendimento. Inevitabilmente, la traduzione diventa un nuovo linguaggio, per cui abbiamo voluto partire in omaggio alla lingua italiana: siamo in Italia e abbiamo un patrimonio tale che bisogna farlo conoscere. Poi, non esistono confini con la poesia…
Con quale criterio sono stati scelti gli autori?
Abbiamo chiesto agli attori che verranno quale fosse il loro poeta preferito e a chi volessero rendere omaggio. Per esempio, l’idea della poesia di Dacia Maraini è nata con Piera degli Esposti. Insieme a queste letture di poeti, il filosofo Severino farà una lectio su Leopardi e, evento secondo me bellissimo, Valerio Magrelli – autore contemporaneo, poeta dell’oggi – farà una sorta di viaggio sentimentale partendo da Dante, che è la nascita della lingua italiana, fino al Duemila.
Poeti letti ad alta voce: la poesia può essere letta?
Leggere la poesia è un’azione molto, molto difficile: bisogna rispettare le punteggiature, gli a-capo, una struttura. Non sempre i poeti sanno leggere se stessi, perché sono troppo dentro la loro materia: leggono bene altri poeti. Anche gli attori non sono sempre dei grandi lettori, perché a volte, siccome hanno un pubblico davanti, mettono eccessiva enfasi. Un esempio meraviglioso di poeta che leggeva se stesso, e anche altre opere, era Ungaretti, perché aveva questa sua voce particolare (abbassa profondamente il tono della voce, ndr), ti faceva entrare… ma erano altri suoni, altre cose. Carmelo Bene era un grandissimo lettore della poesia, secondo me è stato uno dei più grandi, perché la rispettava e la faceva diventare phoné, suono. E la poesia è parola che diventa suono, che diventa carne.
E allora… cos’è la poesia per Lorenzo Vitalone?
Per me la poesia è capire come si è operato sul linguaggio. Mi piace perché sento come la parola acquista un suono, un significato e diventa tante cose. Mi piace la sintesi, come un poeta sa usare un’immagine. Non sono di quelli che pensano che la parola poetica sia chissà cosa, secondo me è tutta un’operazione di lavoro, intellettuale, e non di sensazione e sentimento. La parola poetica mi impegna molto, più che leggere la letteratura. Per esempio, un poeta che trovo difficilissimo è Montale, la ricerca delle parole è difficilissima. È uno stimolo. La poesia è una continua scoperta.
PER AMORE DELLA POESIA
Parole non tradite (non tradotte)
Com’è forte il rumore dell’alba – Sandro Penna, il desiderio, la città con Lino Guanciale, domenica 22 ottobre, ore 21
Sul cuore della terra – Reading di poeti siciliani del Novecento, con Luigi Lo Cascio, domenica 3 dicembre, ore 21
A seguire altri appuntamenti.
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