di Valeria Nobile
La Sala Grande del Franco Parenti è piena. La prima di Ciao è sold out. C’è anche Walter Veltroni, l’autore, nelle prime file, emozionato e pronto ad assistere all’adattamento teatrale di quello che è stato un romanzo emotivamente complesso da scrivere. Quella che vediamo sul palco, infatti, è la sua storia. O meglio, è lo svolgersi di un incontro immaginato e sognato da tanto tempo: quello con il padre Vittorio, che non ha mai conosciuto perché morto poco dopo la sua nascita, a soli 37 anni.
Quando il sipario si apre siamo in un salotto romano a Ferragosto. Due grandi pareti piene di libri delimitano la scena. Due grandi finestre, all’occorrenza, diventano schermi, facendoci rivivere la storia del nostro Paese. Due scrivanie, poste una di fronte all’altra, sembrano conversare tra loro come i personaggi sul palco. Una ha un microfono radiofonico, l’altra un computer: sono i simboli perfetti di due epoche e di due persone apparentemente molto diverse.
È un dialogo potente e non sempre facile quello tra Walter e Vittorio. Due generazioni messe a confronto: quella che ha vissuto un’Italia giovane e felice, affamata di vita e di allegria, e quella che invece vive un’Italia stanca e disillusa. Al centro, l’esigenza di riconoscersi e rapportarsi con una figura paterna a lungo cercata. Il teatro diventa la dimensione ideale per dar vita a tutto questo: è lo stesso Veltroni a raccontarlo nell’intervista condotta da Maurizio Porro al Franco Parenti. Il grande lavoro fatto dal regista (Piero Maccarinelli) e dai due attori (Massimo Ghini e Francesco Bonomo) appare evidente nella loro abilità di ricreare quello che lo stesso Veltroni definisce “realismo magico”, l’arricchire un contesto estremamente realistico, come il salotto di una casa romana, di elementi magici e surreali.
La magistrale interpretazione di Ghini e di Bonomo ci fa viaggiare in un crescendo di emozioni unico: è un percorso lento, ma necessario per vivere la poesia di questo testo. Sono le emozioni a definire l’essere umano in quanto tale ed è per questo che sono importantissime. “Diffidate da tutto ciò che non vi fa provare emozioni”, ci mette in guardia Veltroni nell’intervista. La musica, qui, svolge un ruolo fondamentale. La chiacchierata tra padre e figlio è quasi sempre accompagnata dalle note di un pianoforte che ci fanno pensare subito a una ninna nanna. Un sottofondo ideale per una storia dolce e malinconica come questa, che ci fa riflettere non solo sul rapporto con i nostri genitori, ma anche sull’importanza e il valore della memoria.
La nostra società è fondata su una memoria effimera e selettiva perché continuamente bombardata da nuovi elementi. Attraverso Ciao e attraverso il personaggio di suo padre Vittorio, Veltroni ci incoraggia a ricordare e, soprattutto, a raccontare ciò che ricordiamo, perché “la memoria è fatta di racconti (…) raccontare è vivere”. Quello che vediamo sul palco è un racconto semplice, pieno di tenerezza, che raggiunge immediatamente il nostro cuore e ci fa commuovere senza bisogno di grandi stratagemmi. È sufficiente un “Ciao papà”.
CIAO
di Walter Veltroni
con Massimo Ghini e Francesco Bonomo
regia Piero Maccarinelli
scene e costumi Maurizio Balò
luci Umile Vainieri
produzione Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con Q Accademy
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