di Giovanni Piras
Prospettiva Dostoevskij, il percorso di spettacoli e incontri attraverso le opere e i personaggi del celebre scrittore russo, giunge al suo terzo e ultimo atto con la trasposizione teatrale di Delitto e castigo in prima assoluta solo al Franco Parenti dal 7 al 19 marzo. Abbiamo incontrato per voi il regista e due degli attori. Obiettivo: una prospettiva completa sulla pièce.
È sicuramente un’impresa difficile quella compiuta dal regista Alberto Oliva, sia per la sua grandezza che per la sua complessità. Delitto e castigo, un romanzo di 700 pagine, trasposto in una piece teatrale. Che cosa dobbiamo aspettarci? Chi ha visto i precedenti spettacoli arriverà preparato all’ultimo appuntamento della rassegna: il fil rouge che legava Il topo del sottosuolo e Ivan e il diavolo (sempre diretti dal giovane regista) era l’introspezione e l’attenzione all’interiorità dei personaggi, con l’intento di dire sempre qualcosa in più rispetto alle opere, distaccandosi, solo apparentemente, dalle descrizioni di Dostoevskij, pur rispettandolo fedelmente.
Prendo appuntamento nel teatro con Alberto subito dopo le prove dello spettacolo. È l’occasione migliore per poter incontrare anche l’attore Mino Manni, fondatore insieme ad Alberto della compagnia I demoni in residenza, e Francesco Brandi, protagonista dello spettacolo nel ruolo di Raskolnikov. Insieme, in un camerino della Sala Tre, una domanda a testa, inizia l’intervista.
Terzo momento della rassegna su Dostoevskij: arrivati alla conclusione del percorso, cosa significa per voi questo spettacolo?
Alberto: Tutto. Il coronamento di un sogno, di una poetica, di un percorso lunghissimo che dura da anni. Delitto e castigo è la summa del nostro lavoro, la tappa più grande e soprattutto non l’ultima. Ritornano alcuni temi sviluppati negli spettacoli precedenti: qui abbiamo deciso di entrare nella mente di Raskolnikov, nella sua confusione, nel suo delirio, tutte conseguenze del suo atroce delitto. Il castigo morale della coscienza, prima di quello della giustizia, diventa il filone privilegiato nel quale convergono tutti i personaggi di quello che vuole essere uno spettacolo corale. Il protagonista è in balia degli altri: cresce, si sviluppa e vive il suo conflitto in relazione agli altri. Ci tengo particolarmente a ringraziare il teatro che ha creduto nel progetto e a tutta la squadra, una squadra enorme che ha lavorato con amore e dedizione. Questo mi rende davvero felice.
Una domanda per Francesco: che lavoro c’è dietro la resa di un personaggio come Raskolnikov?
Francesco: Mi fai una domanda a cui non ho una risposta. È sicuramente la sfida più importante della mia vita professionale. Io non credo di aver fatto un lavoro attoriale, ma psicologico, di profonda compassione rispetto ai sentimenti che racconta Dostoevskij. Ogni persona che ha letto Delitto e castigo avrà una propria idea su Raskolnikov che, per la legge dei grandi numeri, non sempre incontrerà la mia. Sto lavorando tantissimo senza farmi domande; sono andato dentro alle cose, dentro la mia vita fino a perderci il sonno. Tutto questo succede raramente. È la prima volta che ho un personaggio di questa ampiezza psicologica, mi ha cambiato come persona. Insieme alla nascita di mia figlia, Raskolnikov è l’esperienza più bella che io abbia vissuto. Due aspetti molto diversi della vita che mi hanno indubbiamente cambiato.
Colpisce molto che il viaggio proposto a noi spettatori nell’interiorità, nei bassifondi, dell’animo umano sia stato compiuto prima di tutto da voi, gli attori, aprendoci la strada…
Mino: Sono dell’idea che bisogna vivere i personaggi, non pensarli. Ho fatto questo lavoro con Svidrigajlov, ma ci siamo resi conto che valeva la pena dedicargli un lavoro a parte. In questo spettacolo non era possibile, avrebbe deviato il discorso e rischiava di schiacciare la storia. Dall’approfondimento abbiamo capito quanto poteva venir fuori su di lui e su tutti i personaggi. È un circolo infinito, come il simbolo della nostra associazione, un vortice che non finisce mai. «La bellezza salverà il mondo», è una frase di Dostoevskij. Noi attraverso le sue parole e il teatro cerchiamo di salvarci.
in foto, un momento del precedente spettacolo Il topo del sottosuolo
DELITTO E CASTIGO
adattamento Alberto Oliva e Mino Manni
regia Alberto Oliva
con (in o.a.) Valentina Bartolo, Sebastiano Bottari, Francesco Brandi, Maria Eugenia D’Aquino, Matteo Ippolito, Massimo Loreto, Mino Manni, Sara Marconi, Camilla Sandri
scene Alessia Margutti
costumi Simona Dondoni
musiche originali Gabriele Cosmi
disegno luci Alessandro Tinelli
assistente alla regia Sara Marconi
Produzione Teatro Franco Parenti con la collaborazione della Compagnia i Demoni
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