di Greta Salvi
“C’era una volta…”
Potrebbe iniziare così Scarpette rosse, film inglese del 1948 diretto da Michael Powell ed Emeric Pressburger, che sarà proiettato il 30 marzo 2016 al Teatro Parenti, nell’ambito della rassegna ideata con Cecinepas Gli inediti. Il film è ispirato all’omonima fiaba di Hans Christian Andersen, ma non sperate in un lieto fine: come tutte le vere fiabe, Scarpette rosse racconta una vicenda di demoni e ossessione, di fuoco e oscurità. Ne parliamo con Lorenzo Vitalone, del Teatro Franco Parenti.
Perché la scelta di inserire questo film nella rassegna?
Il film è un inedito di culto. Un caposaldo non solo della storia del cinema inglese, ma della storia del cinema tout-court. I due registi, Powell e Pressburger, realizzano insieme sei film, che riprendono il grande tema del melodramma e che sono tutti importanti per il loro apporto tecnico innovativo. Ne parleremo, prima della proiezione con Emanuela Martini, autrice di Storia del cinema inglese 1930-1990.
Scarpette rosse è un melodramma fiammeggiante, un film di sentimenti forti, che parla di grandi passioni: la passione per il teatro, quella tra gli esseri umani, ma soprattutto la passione per un lavoro creativo. Ovviamente, essendo in un teatro, ci sentiamo particolarmente legati all’ambientazione e alla tematica teatrale del film. La vicenda racconta del successo di una ballerina, Vicky, della nascita di un balletto, ma soprattutto del direttore di una compagnia di danza, Lermontov, convinto che l’unico amore che una donna o un uomo possono avere nella vita sia quello per il palcoscenico. In questo senso, il messaggio del film è estremo: se hai abbracciato il teatro come missione, non puoi fare altro. Questa dimensione del teatro come passione totale attrae e affascina ancora.
Scarpette rosse è importante dal punto di vista delle coreografie e della storia della danza, ma non è solo un film sulla danza: ha molti altri elementi che lo rendono unico. É un mélo con una dimensione fantastica e orrorifica: la fiaba di Andersen a cui è ispirato parla di un paio di scarpette indemoniate, che la protagonista non può più togliere e che la costringono a ballare fino alla morte.
A quale pubblico vi rivolgete? E come pensate di proporre questo film ai più giovani?
La rassegna di inediti è pensata proprio per un pubblico giovane: vogliamo proporre alle nuove generazioni film che non hanno mai visto. Abbiamo anche voluto fare una sorta di “verifica”: sottoporre a un pubblico abituato alle nuove tecnologie un film ormai datato, ma che è pieno di tecnologie per l’epoca in cui è stato realizzato. Ci rivolgiamo però anche a un pubblico più maturo: vogliamo riproporre a quelli che erano bambini negli anni Cinquanta un film che colpì fortemente l’immaginario di quella generazione.
Un film datato ma ancora attuale?
Sì, perché tratta temi universali e lo fa con un linguaggio sperimentale. Powell e Pressburger sperimentano sempre, con i movimenti della macchina presa, i primi piani, le luci, i colori, le scenografie… La scena del balletto vero e proprio costituisce un momento fondamentale non solo del rapporto tra cinema e danza, ma della storia del cinema, proprio per il tipo di riprese impiegate e per la perizia tecnica. Ma al di là della fattura meravigliosa e della sperimentazione, Scarpette rosse è un film che comunica immediatamente un’emozione forte: guardandolo, non è possibile rimanere freddi.
Sembra che il messaggio del film sia che l’arte e la vita si escludono tra loro. É davvero così?
Non lo so, però credo che anche il mestiere dell’organizzatore sia arte. Non a caso, il protagonista del film è Lermontov, che è direttore ma anche promotore di una compagnia di danza. Lermontov vive per l’arte e fa sì che l’arte possa essere vista. Vicky invece è l’artista, come il suo futuro marito che è un direttore d’orchestra. Negli anni Sessanta, sentii dire da un’insegnate di recitazione che “il teatro è un amante che tutto chiede e nulla dà”. Io credo che non si possa fare teatro, che non si possa vivere l’arte, la pittura, la scultura, il cinema come “secondo lavoro”, o come un lavoro impiegatizio. Scarpette rosse parla dell’arte che tutto chiede, dell’arte come sacrificio. Ecco perché il film e il personaggio di Lermontov sono estremi.
Scarpette rosse
(The Red Shoes) di Michael Powell, Emeric Pressburger (UK, 1948, 133min) con Anton Walbrook, Marius Goring, Moira Shearer lingua: Inglese, Francese, Russo, sottotitolato in ItalianoEvento speciale mercoledì 30 marzo | h 21 dalle h 20 in foyer Bistrot con prodotti a kilometro… ceCINEpas e poi musica e banchetti…e tanta danza |
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