Ivan Il’ic e la banalità del nulla

di Andrea Piazza

Un continuo gioco al rimbalzo tra corporea presenza e artificiali visioni: così Ola Cavagna sceglie di interpretare il celebre testo di Tolstoj in una riduzione teatrale, in scena al TFP fino al 13 marzo, che privilegia il vuoto di una vita, e di una morte, senza senso.

Le parole di Pasolini campeggiano sul sipario abbassato. «Ciò che intendi dal rinascere dei semi è per te senza significato, come un lontano ricordo che non ti riguarda più. Infatti non c’è nessun dio» sono i versi che accolgono lo spettatore e subito, fin dall’inizio, piombano con la forza di un sigillo sullo spettacolo e, quindi, sulla fine di Ivan Il’ic, banale, piatta, senza senso come tutte le morti.

La piéce è Ivan Il’ic, in scena al TFP fino al 13 marzo. L’impresa affrontata da Ola Cavagna è quella di tradurre nel linguaggio della scena uno dei racconti più celebri, e più originali, della letteratura mondiale, l’omonimo testo di Lev Tolstoj.

Su una scena spoglia, coperta di teli bianchi quasi clinici nella loro sterilità, si muovono due soli attori, Mauro Avogadro e Nicola Bortolotti, che prestano voce e corpo a diversi personaggi, in costante dialogo con un tessuto audiovisivo fatto di voci registrate e di proiezioni (con un risultato spesso di stridore invece che di sinergia). Lo spettatore è così risucchiato non in un libro ma in un delirio onirico, dove in realtà nulla accade perché la morte (vera unica protagonista) è la stessa che ogni giorno visita migliaia di uomini e non fa eccezioni con Ivan Il’ic, giudice 45enne che passa a miglior vita in seguito a un sempre più grave dolore al fianco. Cosa c’è dopo la morte? La grande domanda dell’uomo ha una risposta fin dall’inizio: un nebuloso vuoto leopardiano. E non a caso la grande scena di luce – forse una conversione? – che chiude il racconto originale si disfa qui nel nulla più assoluto. La vita di Ivan Il’ic altro non è che preparazione alla propria morte, verso la quale tende tutto lo spettacolo, dal confuso gioco al rimbalzo di personaggi, voci e immagini iniziale fino all’esasperante lentezza delle scene finali, nella ritualità di un bagno che sembra preparare il cadavere ancora vivo alla tomba.

Interessante la scelta del Parenti di far precedere le prime tre repliche della piéce da un’introduzione a cura di esperti slavisti che presentino una propria lettura del capolavoro di Tolstoj. È così che, per esempio, Gianpiero Piretto ha dalla prima serata evidenziato la banalità della vicenda di Ivan Il’ic, a partire dalla vita, fino all’incidente, privo di senso, che genera prima il dolore fisico e poi l’angoscia spirituale. Banalità che probabilmente la scelta registica vuole comunicare anche attraverso lo spettacolo, ma che in più di un punto rischia di diventare vacuità.

 

da mercoledì 9 a domenica 13 marzo 2016

liberamente tratto da Lev Tolstoj
traduzione, adattamento e regia Ola Cavagna
con Mauro Avogadro, Nicola Bortolotti
impianto scenico e visione Ginevra Napoleoni e Massimiliano Siccardi
costumi Ivan Bicego Varengo – luci Alberto Giolitti

Produzione Compagnia Umberto Orsini
in collaborazione con Associazione Isola e Teatro Baretti

Hashtag ufficiali: #tolstoj #ivanilic #dallarussiaconamore

In occasione ed esclusivamente per gli spettatori dello spettacolo
IL MIO IVAN IL’IC | 9 – 10 – 11 marzo
Tre prospettive sull’opera
con gli slavisti Gianpiero Piretto, Fausto Malcovati, Damiano Rebecchini 

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