di Valeria Claudia Orlando
Mike Bartlett è uno degli autori più interessanti del teatro inglese contemporaneo. Classe 1980, il giovane drammaturgo viene rappresentato per la seconda volta all’interno della stagione del Teatro Franco Parenti: dopo il successo di Cock, diretto da Silvio Peroni, Bull, opera vincitrice nel 2013 dei National Theatre Awards come migliore nuova proposta, è messo in scena in Italia da un’altra giovane promessa, il regista Fabio Cherstich, che con il Teatro Franco Parenti intrattiene dal 2011 un’intensa collaborazione artistica.
In questa nuova produzione, Mike Bartlett dimostra di saper declinare con destrezza le debolezze dell’essere umano nella quotidianità odierna, lasciando allo spettatore il giudizio ultimo sull’eterna dicotomia tra il bene e il male. Bull, spettacolo di pungente attualità, dipinge così con crudo e cinico realismo il dramma del mobbing.
È il gran giorno: Carter (Alessandro Quattro), il capo, dovrà licenziare uno dei tre personaggi portati in scena da Linda Gennari, Pietro Micci e Andrea Narsi. Isobel, subdola manipolatrice di cliché, decide di schierarsi con Tony, sadico e smargiasso leader del mal assortito team di colleghi, a sfavore di Thomas, imbranato bonaccione. Bull porta in scena una violenza quotidiana spesso taciuta, creando immagini contrastanti di angoscia e disarmante ironia che hanno il potere di spiazzare lo spettatore. Durante lo spettacolo, le scarpe eleganti degli attori tracciano involontarie strisce nere sul pavimento di panno bianco che si ritrova ad essere palcoscenico di un ring darwiniano, in cui solo il più forte ha il diritto e l’obbligo morale di vincere.
Inadeguato fisicamente («Thomas lo sai che sei sproporzionato? Fisicamente intendo…»), inetto a vivere («Non è proprio il tuo momento…Ma quand’è il tuo momento?»): questo è il Thomas che traspare dalle parole dei colleghi, i quali, con i piedi ben piazzati a terra, intrappolano il pavido e schivo “Tom” in un vortice di bugie con il solo scopo di alimentarne l’insicurezza. Ma ciò che diventa lampante è che, peggio del bullismo (mobbing o bossing), vi è solo la sua pubblica negazione, che rende Thomas vittima non unicamente dei suoi carnefici, ma di tutto il sistema: «Sei veramente paranoico», afferma laconico Tony, con l’obiettivo di accreditare la propria innocenza agli occhi dello spettatore.
Bull è il Minotauro che aspetta Thomas nel labirinto di parole creato da Isobel. Bull è la statua del toro di Wall Street che fomenta la smania di primeggiare negli occhi di Tony. Ma Bull è anche Thomas stesso, che prova a ribellarsi alla situazione kafkiana come un animale alla corrida. Bull è una versione adulta del Brutto anatroccolo in cui non può esistere lieto fine: restare in quell’ufficio o essere licenziato rappresentano per Thomas due condanne diverse allo stesso destino di infelicità.
La luce bianca, fissa e fredda snatura lo spettatore, che diventa parte attiva della scena in una manierista recitazione di se stesso: interpreta non solo il proprio ruolo, ma anche quello di osservatore impotente dell’atto di bullismo. Il pubblico ridacchia sotto i baffi, ma sta in silenzio. Il pubblico non si muove, per non interrompere la recitazione.
Dopotutto è solo una finzione, no?
Bull
da giovedì 25 a domenica 28 febbraio e da martedì 29 marzo a domenica 10 aprile 2016 traduzione di Jacopo Gassmann Produzione Teatro Franco Parenti Hashtag ufficiali: #giovaniregìe #bullismo #oltremanica |
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