La metamorfosi in noi – Intervista a Enrico Ianniello

di Valeria Orlando
di Valeria Orlando

In occasione della messa in scena di Eternapoli, noi di Sik-Sik abbiamo intervistato Enrico Ianniello, attore e regista dello spettacolo.

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Eternapoli è lo spettacolo teatrale tratto dal libro Di questa vita menzognera di Giuseppe Montesano. Qual è, per lei, il valore aggiunto della trasposizione teatrale?

Portare in scena lo spettacolo di Giuseppe (Montesano, ndr) significa rendere giustizia al suo libro: i dialoghi forti, le relazioni tra i diversi personaggi e la polifonia delle loro voci rendono infatti la sua scrittura narrativa estremamente teatrale.

In Magic People, altro spettacolo di cui ho curato la regia, è già emersa la versatilità del suo stile e l’adattabilità dello stesso alla scena teatrale.

La scrittura di Giuseppe, inoltre, riesce a far emergere una nuova sfaccettatura dell’equazione Napoli = Teatro e cioè che la teatralità di questa città non è solo una sua caratteristica intrinseca, ma nasce anche dagli strumenti comunicativi adoperati per mostrarla.

Quali sono le difficoltà di essere sia regista che unico attore di uno spettacolo?

Questa è la prima volta in cui recito da solo in uno spettacolo di cui sono anche regista. Penso che le difficoltà principali siano legate al considerare nello stesso tempo tutte le variabili dello spettacolo e della messa in scena, come per esempio le tempistiche, l’arco narrativo, l’enfasi del singolo momento e le personalità dei personaggi.

Solitamente, nelle scorse regie, ho lavorato con diversi attori: in quel caso bisogna puntare sulla forza del gruppo con l’obiettivo di costruire insieme lo spettacolo. Per esempio, vi è una sorta di costruzione collettiva del carattere e degli atteggiamenti dei personaggi.

In Eternapoli, invece, sul palco ci saremo solamente io e pochi oggetti ed i personaggi saranno caratterizzati  esclusivamente dai cambiamenti della mia voce.

Come mai ha scelto proprio la voce come “strumento” per rappresentare la famiglia Negromonte?

Il messaggio che questo spettacolo vuole comunicare è che vi sia una metamorfosi ormai completata in ognuno di noi, una metamorfosi che nasce da una mutazione antropologica di Napoli, dell’Italia e di tutto l’Occidente. “I Negromonte sono dentro di noi”, si dice in Eternapoli.

Avrei potuto scegliere di rappresentare i personaggi cambiando gli abiti di scena o inserendo degli oggetti caratteristici, ma così avrei rischiato di creare una figurina, uno schizzo di essi. Uso la mia voce perché voglio mostrare al pubblico che questa metamorfosi riguarda ciascuno di noi: pur modificandola, la mia voce resta la mia voce.

Napoli è una città estremamente controversa: alcuni artisti l’hanno rappresentata sotto una luce positiva, altri in una veste decisamente negativa. Eternapoli, invece, come rappresenta la città?

Eternapoli non vuole dare un giudizio sulla città. I Negromonte sono complessivamente personaggi caratterizzati da atteggiamenti e da attributi negativi, ma all’interno della stessa famiglia troviamo anche personalità positive. I personaggi di Roberto (l’io narrante nel libro, ndr), Andrea (il figlio piccolo dei Negromonte, ndr) e Cardano (un dandy malinconico, ndr) fanno da contrasto alla “bruttezza” della famiglia, regalando allo spettatore un assaggio delle diverse anime della città.

Grazie all’utilizzo di uno schermo in scena è possibile inoltre sfruttare le proiezioni di luce in modo metaforico: Eternapoli non vuole mostrare una caricatura di Napoli, ma la mutazione degli usi e costumi che sta investendo la nostra società. È solo la nostalgia del passato che porta a giudicare circa la validità della novità: qui non si dice “è bello” o “è brutto”, qui si dice “è un’altra cosa”.

I personaggi dello spettacolo appartengono ad una famiglia di “imprenditori senza scrupoli”. Viviamo in un’epoca in cui l’individualismo e la ricerca del successo personale sono venerati fino all’estremo. Fino a che punto l’ambizione è un valore? Come definirebbe i confini della “mala ambitio”?

L’ambizione in sé non mi sembra un male: bisogna solamente capire dove vuole portare. Citando un detto africano: “Se vuoi arrivare per primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano corri insieme agli altri”. Ambizione significa correre da soli e arrivare per primi, considerando che gli effetti del proprio vantaggio, che potrei definire “il potere”, si ripercuotono sugli altri. Ma è bene che ci si domandi se, parafrasando San Giovanni della Croce, alla fine della nostra vita saremo semplicemente giudicati sulla base del nostro amore.

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ETERNAPOLI

12 – 29 novembre

Tratto da Di questa vita menzognera di G. Montesano

Drammaturgia Giuseppe Montesano e Enrico Ianniello

Regia e con Enrico Ianniello

12-29 novembre 2015

Durata 75 minuti

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