
Parigi, 3-6 giugno 2015.
Che viviamo in una realtà caratterizzata dall’onnipresenza dei media tecnologici non è certo più un mistero: ma cosa accade quando il teatro contemporaneo si sforza di rendere conto di una simile condizione di esistenza? Assistiamo all’affermarsi di un teatro multimediale.
Proprio di questa tendenza si è discusso al convegno “Corps en scène: L’acteur face aux écrans”, ospitato dall’Université Sorbonne Nouvelle.
Nel teatro multimediale, i mezzi espressivi tradizionali sono affiancati e messi alla prova dall’avvento dei media digitali. Schermi e proiezioni invadono così lo spazio scenico, telecamere prepotenti si infiltrano tra gli interpreti, le voci sul palco si scontrano con voci elettroniche e non incarnate.
Il ciclo di conferenze promosso dalla padrona di casa, Josette Féreal, ha posto al centro la questione dell’attore in questo nuovo contesto drammaturgico.
L’attore, in una situazione di multimedialità, è spinto a rivedere il suo modo di abitare il palcoscenico: di qui la necessità di sviluppare nuove competenze nella recitazione, che fanno riferimento a loro volta a metodi di insegnamento aggiornati.
Tra le molte nuove sfide c’è quella di interagire con partner potenzialmente virtuali; oppure quella di attuare una performance destinata al pubblico presente in sala, ma al contempo al pubblico di Internet per cui è registrata in diretta.
C’è bisogno di un caffè e di una manciata di madeleine prima di affrontare ulteriori conseguenze della svolta multimediale per l’attore.
Infatti, se l’intento di questo tipo di teatro è quello di riflettere uno scenario di vita dominato da una molteplicità di media, l’attore dovrà saper rappresentare l’esistenza di uomini come noi in tale contesto.
Consideriamo l’importanza dei nostri avatar e delle nostre immagini sui social network e trasponiamo la stessa idea in teatro. L’interprete sul palco osserva il proprio corpo, riprodotto in ammassi di pixel che si disgregano e che lo privano di consistenza. In una situazione in cui il virtuale sembra arrivare a prevalere sul reale, dovremo prestare fede all’attore in carne e ossa o al suo alter-ego che campeggia su uno schermo? La sfida, dal campo dell’attore, passa direttamente a noi della platea.
Gli esempi spaziano da Ivo Van Hove alle produzioni del Wooster Group, dagli italiani di Studio Azzuro alla brasiliana Christiane Jatahy con la sua rivisitazione delle “Tre sorelle” di Cechov, in cui teatro e cinema giungono a una quasi completa fusione. Dagli anni Ottanta in avanti, tanti artisti ci aiutano a riflettere su come cambino il teatro e la nostra stessa vita in un contesto multimediale.
Forse da Parigi portiamo a casa il compito di provare a nostra volta a diventare spettatori tecnologicamente aggiornati. Se leggendo questo articolo avete nel frattempo scattato un paio di selfie, guardato un filmetto in streaming e sentito un amico su Skype, potreste già essere a buon punto!
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