
Nell’estate 2015 il Teatro Franco Parenti inaugurerà i nuovi spazi del progetto “Cittadella Luna” con una rassegna interamente dedicata al Corpo. Abbiamo parlato con il regista Fabio Cherstich, direttore artistico del progetto, per qualche esclusiva anticipazione su quello che ci aspetta.
Qual è l’idea centrale che permea la rassegna? Da dove nasce la voglia di realizzare una manifestazione di questo tipo?
“I riverberi del corpo” nasce dal desiderio di Andrèe Ruth Shammah di aprire alla città gli spazi in ristrutturazione dell’ex piscina Caimi e offrirà al pubblico un percorso site specific che attraverso performance, teatro, danza e arti visive indaghi il tema del corpo. Un cantiere delle idee, un progetto in divenire, la prima tappa di una serie di eventi che abiteranno gli spazi della “Palazzina” dedicati ai nuovi linguaggi della scena e alle arti visive.
Quali saranno i momenti imperdibili?
L’idea è quella di offrire al pubblico un percorso eterogeneo che attraversi diversi generi, il percorso è ancora in via di definizione ma posso dare delle anticipazioni.
La compagnia “Fattoria vittadini” di Milano sarà presente con due lavori. Una performance in cui una coppia di uomini si interroga, e interroga il pubblico sul tema della dipendenza e la separazione e una coreografia in cui Francesca Penzo, coreografa e interprete del pezzo – danza col padre Roberto Penzo in un confronto/scontro silenzioso e poetico tra generazioni. Annagia Marchioro presenta un frammento dal titolo significativo: “Biografia della fame” tratto dall’omonimo romanzo di Amelie Nothombe mentre la compagnia ATOPS diretta da Marcela Serli invaderà gli spazi della palazzina con un programma che cambierà ogni giorno, spaziando tra performance, coreografie, monologhi e interviste al pubblico sul tema dell’identità di genere, e più ampiamente sul tema della definizione di sé e dell’accettazione della propria identità sessuale e del proprio corpo.
La compagnia KOKOSHKA Revival porterà in scena il corpo e la poetica di Lars Von Trier in LARS – biografia esplosa del regista Danese in cui attori e sculture di scena sono gli strumenti di rappresentazione scelti della giovane regista Ana Shametaj per raccontare col suo linguaggio visionario questa storia. E visto che di visioni sto parlando, non bisogna dimenticare che all’interno del percorso il pubblico incontrerà’ anche il lavoro di diversi artisti visivi: la pittura del giovane Nicolò Bruno e i quadri dedicati al corpo frammentato di Dioniso di Danilo Buccella, i video sulgi spazi disabitati di Anna Franceschini e le sculture d’ispirazione classica di Tomaso De Luca.
I nuovi spazi del Teatro Franco Parenti avranno un ruolo chiave?
I nuovi spazi saranno protagonisti quanto gli artisti invitati a lavorarci all’interno. Attraversando stretti corridoi, passeggiando sul tetto o scendendo nella stanza sotterranea una volta riservata alle caldaie, il pubblico e gli artisti abiteranno stanze misteriose dai muri scrostati e dalle pavimentazioni irregolari. Soffitti a cielo aperto o grandi pareti in cui è possibile vedere la stratificazione dei diversi intonaci sono più’ di una cornice suggestiva, rendono sospesa e quasi apocalittica l’atmosfera dell’intero percorso. Gli spazi in ristrutturazione della palazzina sono spazi carichi di energia, tragici, pregni di passato e di memoria ma proiettati verso il futuro.
Il rapporto dell’uomo con il proprio corpo è da rimettere in discussione?
Credo che il rapporto dell’uomo col proprio corpo sia messo sempre più’ in discussione e sia diventato parte fondante dell’identità delle persone. Ma la messa in discussione del corpo è spesso indotta, arriva da un ‘idea di corpo dettata dall’esterno, da un modello a cui riferirsi, e si ferma quindi a una dimensione epidermica o formale che può creare non pochi problemi anche all’identità delle persone. Per Zygmunt Bauman l’attenzione verso il corpo si è trasformata in una preoccupazione assoluta e nel più ambito passatempo della nostra epoca. Rimettere in discussione il corpo vuol dire non solo conoscerlo nel suo profondo e accettarlo nei suoi limiti ma soprattutto riconoscerne la forza comunicativa e la parte misteriosa. Il corpo è uno strumento di conoscenza molto potente. Per dirla con Meyerhold: le parole non dicono tutto.
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