
Venne decretato che il turbamento generato da “Teorema”, a dispetto di una sua presunta oscenità, fosse di natura essenzialmente ideologica. Si negò, in “Teorema”, la presenza di contenuti espliciti di tipo sessuale, che ne giustificassero la messa al bando.
Così, Pier Paolo Pasolini poté diffondere il suo primo film che avesse come oggetto una certa borghesia del Nord Italia, con la sua sterile inautenticità; e Laura Betti, poco importa se di Pier Paolo musa o marionetta, compagna o prigioniera, poté levare alta la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile che proprio quel film le aveva assicurato al Festival di Venezia.
Non si trova in “Teorema” il turbamento che suscita una provocazione aperta, pornografica: si trova piuttosto quello, ben più sottile, della mirabile regolarità di una famiglia borghese che va letteralmente in pezzi. E a infiltrarsi inesorabile nelle pieghe del desiderio dei componenti di questa famiglia, per sconvolgerne la percezione di sé e del rapporto con gli altri, Pasolini volle che fosse lo sguardo sensualissimo di Terence Stamp.
Pasolini, Betti e Stamp lavorarono di gesti e di sguardi, di immediatezza. Poche, pochissime le parole sul set e nel film, per lo più vuote parole delle convenzioni borghesi o il goffo tentativo di metterne in forma le contraddizioni.
E’ dal silenzio del turbamento che nascono la riflessione, l’autocoscienza. Forse Pasolini ci avrebbe voluto, di fronte al suo “Teorema”, proprio come ci troviamo: senza parole.
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