
Una bevanda fresca in una giornata assolata. Quell’unica goccia di liquido che, in un impulso di libertà, si stacca dalle labbra per finire sul collo bruciato dalle temperature impossibili. La sorpresa, il godimento, la sensualità. Tutto questo per descrivere la sensazione che trasmette quel sassofono tenore di Lew Tabackin, quel piccolo pezzo di Philadelphia che Domenica 12 passerà la mattina al Teatro Franco Parenti a rinfrescare gole da troppo tempo aride di buona musica.
Nascere nella Philadelphia del 1940 voleva dire nascere in una città in estrema crescita, con un sostanziale bisogno di tre cose: costruttori, soldati e musicisti di talento. E Lew si getta dall’età del liceo sulle due anime contrapposte del jazz, la dolcezza del flauto traverso, nel quale si diplomerà nel 1962, e il suo marchio di fabbrica, il sax tenore, con il quale comincia a muoversi nel quartetti della città. Ma in lui Philadelphia vede solo un appartenente alla seconda categoria. Dopo tre anni di servizio militare, si sposta nella nuova patria del jazz: New York.
Gli anni di studio gli permettono di essere un membro eccelso delle Big Band di Cab Calloway, Maynard Feguson e Joe Henderson, per fare qualche nome. Affianca a questi anche progetti più personali, come il quartetto La Bohéme, e gira tutti i locali della metropoli in fermento, con soggiorni ad Amburgo e in Danimarca. Nel 68 incontra la sua Yoko Ono, pianista reclutata per un quartetto, Toshiko Akyoshi. Fanno coppia fissa da allora. Si trasferiscono a Los Angeles dove fondano la loro Big Band, che prenderà il nome di lei. Sono senza dubbio i suoi anni d’oro.
Ma per avere la prima opera in studio solista del sassofonista\flautista, Desert Lady, si dovrà aspettare fino al 1990.
Tabackin è per certi versi un epigone di un certo tipo di jazz, così tanto 60’s. Di quegli anni porterà a Milano lo splendore, la vivacità e il mood così impeccabile. Perché dietro quella barba così aggressiva e quella corporatura così goffa, è nascosta una delle anime degli States più sensuali e suadenti. Il suo sax si muove con una decisa dolcezza, con l’abilità di scrutarti negli occhi, di avvicinartisi alle orecchie per farti sussultare. Solo per qualche istante e poi fuggire di colpo. Cambi di modo, di scale, e quel vibrato spaziale si condensano in quella unica, incredibile, totale goccia.
Le mattine di luglio.
Il tuo collo.
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Domenica 12 aprile | ore 11.00
Lew Tabackin tenor sax e flauto
Alessandro Presti tromba
Giuseppe Bassi bass
Gasper Bertoncelj batteria
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