
La Professoressa Elena Cattaneo, orgoglio italiano nel panorama scientifico internazionale e terza senatrice a vita nella storia della Repubblica, anticipa a Sik-Sik alcune riflessioni che svilupperà durante la sua lectio magistralis il 10 marzo prossimo, in occasione dello spettacolo La scuola di Domenico Starnone.

Nell’era della rivoluzione digitale, dell’instant messaging e dell’informazione online, abbiamo ancora bisogno di teatro? C’è un luogo, un momento, un’occasione in cui teatro e scienza si incontrano?
Teatro e scienza si incontrano troppo poco secondo me! C’è stato un momento preciso della mia vita in cui ho realizzato che fare teatro fosse il modo giusto per comunicare la scienza, perché significa parlare a persone che consapevolmente decidono di mettersi in ricerca. A teatro non solo sei connesso con le persone intorno a te, ma soprattutto ti vedi connesso a loro per il semplice fatto di essere tutti visivamente, fisicamente disponibili l’uno verso l’altro. Io vivo la scienza come una grande storia, che racconta di noi, dell’uomo, di quello che ci circonda. Cosa fa il teatro se non raccontare delle storie? Tutte le storie che passano per il laboratorio arrivano da imprese conoscitive di altre persone, di altre epoche, di altri luoghi. Lì certo si sviluppano, ma devono uscire dal laboratorio per tornare nel mondo. Siamo tutti parte della stessa umanità e – dal laboratorio all’audience teatrale – condividiamo dubbi, certezze, indecisioni, timori, paura di fallire. Questo è il messaggio focale che passa il teatro, tanto semplice quanto sottostimato. Non c’è giornale o programma TV che ti dia una così grande possibilità di condivisione. Per questo penso che la scienza debba imparare a raccontarsi, e a raccontare il coraggio dell’uomo che esplora l’ignoto.
Di fronte alla (iper)specializzazione del sapere propria del nostro tempo, la scuola deve saper sempre coniugare scienza e teatro, sapere scientifico e sapere umanistico ?
Ma certo! La scuola, la prima elementare, è dove comincia tutto! Io personalmente non ho mai percepito nessuna divisione tra settore umanistico e scientifico. Per esperienza non riesco a pensare a un esperimento senza pensare alla storia della medicina, alla filosofia, al diritto, alla sociologia, all’etica. Lo scienziato non è un tecnico, è una persona come chiunque altro, con delle competenze certo, ma il suo pensiero si dirama in tutte le direzioni… Pensiamo alla filosofia, al latino alla fisica… come si può tenerli separati? Il latino ti insegna la logica, e i migliori scienziati non sono forse quelli che hanno una logica stringente, che sanno incorporare e incatenare logicamente le informazioni?
Dunque, secondo Lei, chi è e cosa fa un buono scienziato?
In generale io credo che le persone migliori, uomini e donne, siano quelle che cercano il valore delle idee, che non si danno un tono, che fanno delle idee stesse il proprio modo di vivere. Prendiamo la Gianotti (ndr: Fabiola Gianotti, fisica Italiana alla guida del CERN di Ginevra) per esempio… Una volta le ho chiesto: “ma come fai a pensare di essere a capo di così tante persone?”. Io credo che la sua forza stia nel non mettere energie e risorse nel rimarcare la distinzione tra lei e gli altri. È come se si smaterializzasse, e alla fine restassero solo le idee, i propositi da cui era partita. Questo è il punto cardine: le idee buone si fanno strada da sole, senza sforzi, ma solo a patto che siano effettivamente valide e migliori di quelle precedenti. Se sei consapevole di ciò, ne trai anche un enorme vantaggio personale: innanzitutto per metterti sul piedistallo devi spendere energie e risorse che sottrai alla ricerca stessa… e poi dai, risulti terribilmente noioso! Un’altra è Samantha Cristoforetti… l’ho conosciuta a Milano quando abbiamo vinto l’Ambrogino d’oro insieme. Dovreste vedere mio padre ora, ancora inorgoglito di esser stato seduto vicino a lei, che ora sta lassù! Sì, ne sono convinta: solo se sei in grado di “spersonalizzarti” dietro alle tue idee, e di mettere il tuo ego sotto le scarpe, riesci davvero a raggiungere obiettivi sensibili. Stai sempre concentrato sugli aspetti propositivi delle tue intuizioni, questo è tutto ciò che conta.
Ora guardiamo a Rita Levi Montalcini, Samantha Cristoforetti, Fabiola Gianotti e naturalmente a Lei… oggi, in Italia, possiamo dire che la scienza è donna? Che significato ha tutto ciò?
Fortunatamente viviamo in un momento in cui le donne riescono a raggiungere posizioni apicali, cosa che mi sembra un ottimo risultato. Forse le donne hanno un modo di lavorare diverso rispetto agli uomini. Chissà per quale retaggio evolutivo, a volte ho l’impressione che loro tendano maggiormente a lavorare in gruppo… ma ecco, io non saprei immaginarmi un gruppo di lavoro non bilanciato. Ci sono intuizioni, modi di pensare, siamo davvero diversi nel modo di vedere le cose. Non voglio dire che ci sia una marcia in più nelle donne… ma neanche una in meno! Entrambi i sessi hanno una propria unicità… Abbiamo bisogno di tutte le cartucce che l’umanità possa esibire per fare bene il nostro lavoro: è davvero difficile scoprire le cose che nessuno conosce!
Per concludere, una domanda di genere: cosa si sente di dire a noi giovani donne, future donne di cultura, di politica, di scienza?
Non mettete mai la vostra vita in una cornice, non pensate che esista una cornice pronta per voi. Ciascuna di voi è padrona del proprio destino, impari perciò a disegnare il quadro che vuole per se stessa, e sia costantemente pronta a cambiarlo, ogni volta che ne sentirà l’esigenza. Mi terrorizza l’idea che una donna possa sentirsi in una cornice. Non è così! Sappiate sempre scegliervi un compagno, un marito complice, sappiate essere voi stesse complici, e naturalmente sappiate renderlo complice. Questo è fondamentale. Io ho due figli, e non credo che abbiano mai patito i sacrifici della mia carriera, mi sembrano persone normali… (ride). Tutto è possibile se lo desideri, e desiderare una cosa significa anche imparare bilanciare. Io non ho mai permesso a questo lavoro di escludere la mia famiglia, ma non ho neanche mai permesso alla mia famiglia di escludere il mio lavoro. Se c’è qualcosa che veramente desideri, non c’è bisogno di pretenderlo, te lo devi disegnare tu, devi essere inclusiva. Il tuo lavoro, la tua passione, non è una missione solo tua, ma anche di chi ti sta affianco. Prova a parlarne a discutere, ad avvicinare, a vedere che reazione c’è, senza porre la tua scelta come una decisione già presa… La puoi dissolvere e ricostruire mille volte! Ma mai mettere la propria vita in una cornice. “Il matrimonio, i figli”… per carità, questa può essere una baseline… ma poi? L’altra cosa che voglio dirvi è che c’è un valore enorme nell’essere giovani. Anche io mi sento giovane! (ride). Ho colleghi di 78, 80 anni, che sento intervenire in eventi, meetings, come se avessero vent’anni, con la forza della ragione, di quello che sanno, con la voglia di mettersi sotto esami, sempre. Con una passione per la conoscenza inossidabile! Io credo che questo sia veramente il quadro migliore da augurarsi per ciascuno di noi: avere una curiosità impossibile da domare. E qui torniamo a Socrate, alla filosofia di cui parlavamo prima. Una vita senza ricerca è davvero degna di essere vissuta?
—————————-
IL PIACERE DEL TESTO
Progetto a cura di Irene La Scala
Martedì 10 marzo, ore 18.30
in occasione dello spettacolo La scuola di Domenico Starnone
Lezione magistrale di ELENA CATTANEO
L’EDUCAZIONE SCIENTIFICA COME RICERCA DELLA VERITÀ
Teatro Franco Parenti,
via Pier Lombardo 14, 20135 Milano
Informazioni e prenotazioni: 02.59995206
One Pingback