Il corpo dell’estetica: intervista ad Andrea Pinotti

di Federica Cavaletti

Continuano le interviste di Sik-Sik ai protagonisti del mondo dell’università: questa volta abbiamo “interrogato” il prof. Andrea Pinotti, docente di estetica presso l’Università Statale di Milano, a proposito del legame fra la sua materia e il teatro.

Andrea Pinotti
Andrea Pinotti

  • La sua è una disciplina non facile a definirsi: qual è la sua idea di Estetica?

L’estetica viene intesa da una parte come indagine filosofica degli oggetti specificamente artistici; dall’altra, facendo appello al concetto di aisthesis, si ritiene debba occuparsi di qualunque oggetto cada sotto il dominio dell’esperienza corporea. Io non credo di trovarmi di fronte a un aut-aut: qualunque opera d’arte è di fatto anche un oggetto della percezione. E tutte le opere, nella loro diversità, hanno qualcosa da insegnare sulla nostra percezione corporea.

  • Quali sono i suoi autori di riferimento?

Penso ad alcuni autori che tra ‘800 e ‘900 hanno lavorato sul nesso tra estetica come scienza dell’arte ed estetica come scienza della percezione: Wölfflin, Riegl, Warburg… Le loro indagini hanno portato alla luce problemi ancora aperti. Un esempio è quello della variabilità del nostro rapporto con le immagini: a seconda dell’epoca, dei condizionamenti culturali, dei dispositivi tecnici, il modo dell’uomo di guardare è cambiato. Non si tratta di modificazioni biologiche dell’occhio; è ipotizzabile una storia non della nostra percezione, ma della percettibilità degli oggetti da parte nostra.

  • Quale valore attribuisce all’interdisciplinarietà?

Nell’affrontare problemi come quelli accennati, gli strumenti interni a una singola disciplina si rivelano insufficienti. Purtroppo, vedo spesso i miei tentativi di dialogo bloccati da un dichiarato disinteresse nei confronti di una “teoria dell’arte”. Come se proprio su modelli teorici, adottati inconsapevolmente e spesso surrettiziamente, non si reggesse la stessa ricerca di questi studiosi cosiddetti “puri”.

  • Ci parli del seminario sul tema dello sguardo che lei attualmente coordina…

Questo seminario, organizzato con i colleghi Paolo Spinicci e Gian Piero Piretto, nasce proprio dalla volontà di creare spazi di dialogo interdisciplinare: a prendere la parola sono studenti e studiosi interessati a ragionare sull’immagine da più punti di vista. E’ la nozione di sguardo che consente di intrecciare le diverse prospettive per discutere, tra gli altri, del problema a cui mi riferivo di come evolva il nesso tra le immagini e la nostra percezione corporea.

Foto di Barbara Kruger
Foto di Barbara Kruger
  • Esiste un collegamento tra la nozione di sguardo e il mondo del teatro?

Proprio la considerazione dello sguardo indica come il teatro sia una tra le forme d’arte più difficili da analizzare da un punto di vista percettivo. Nel teatro, la linea di demarcazione tra chi guarda e chi è guardato dovrebbe essere piuttosto fluida: la presenza di uomini in carne e ossa sul palco di norma ostacola la trasformazione degli attori in corpi simbolici e artistici. Lo spettatore dovrebbe essere indotto a guardare ad essi come a dei propri simili e non come ai personaggi che rappresentano…con l’esito di una partecipazione molto emotiva.

  • Dovrebbe? E invece?

Invece, molti drammaturghi si rendono conto oggi della fragilità della soglia che separa platea e attori, e si adoperano per rafforzarla: così, spesso si innesca una disposizione critica e distaccata proprio nella forma d’arte che più spontaneo renderebbe un atteggiamento empatico.

  • Per concludere, un cenno in leggerezza al suo “pubblico”. Sappiamo che ha un motivo in particolare per potersi ritenere un buon maestro …

Ebbene, il mio magistero ha saputo ispirare atti creativi che trascendono l’estetica in senso strettamente filosofico… Qualcuno forse conosce i Crookers e la loro musica velatamente allusiva del tema della percezione dell’altro: pare che in una loro produzione abbia messo lo zampino niente meno che la mia (peraltro bravissima) prima laureata!

 

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