Il sapore dello swing al mattino

di Giacomo Fadini
di Giacomo Fadini

Si inaugura l’1 febbraio la rassegna “Jazz al Parenti”, con ospiti d’eccezione, sempre la domenica mattina.

Una volta ho sentito Keith Jarrett dal vivo. Non ha mai guardato verso di noi, solo verso i tasti del suo pianoforte. Eppure, quando ricambiavo la cortesia di non posare i miei occhi su di lui, e magari li facevo roteare nel mio mondo immaginario, avevo come la sensazione fisica che il pianoforte si stesse letteralmente sollevando. Ed essendo lontano, non capivo fino a che punto avessi torto.

Se questa sensazione vi è del tutto estranea, vuol dire che è da diverso tempo che non andate a un concerto Jazz come si deve; ma forse si può rimediare.

werner

Da Febbraio sino a Maggio 2015 il Teatro Franco Parenti, organizza cinque elettrizzanti eventi jazz live, con alcune tra le figure più importanti della scena contemporanea internazionale, Il tutto a cura del veterano compositore e critico Morelenbaum. I concerti seguono la strada tracciata dalle ultime rassegne “Non sparate su Ballista” e “Lezioni di Rock”, proponendo una selezione di concerti in matinée la domenica, per un totale di cinque incontri che seguono la scia degli aperitivi al Manzoni, riproponendoli in chiave jazz.

Il primo di febbraio vengono aperte le danze da Kenny Werner, classe 51’ con il suo immancabile trio (lo stesso del Blue Note 2004, al contrabbasso Wiedenmuller, per capirci). Vincitore del premio Guggenheim 2010 per il lavoro “No Beginning no end”, spumeggiante, preciso e libero allo stesso tempo, il mood di Werner scandisce con ottemperata maestria un intreccio sonoro unico, a tratti fusion, a tratti progressive; imperdibile.

E dopo una partenza del genere la rassegna ha la strada solo in discesa: la chitarra docile e multiforme di Peter Bernstein (22 marzo) con il suo quartetto, il controverso sax di Lew Tabackin, e poi Logan Richardson, per chiudere con un altro mostro sacro dalle dita magiche: Steve Kuhn.

In periodo Expo, finalmente una rassegna che rimpolpa una scena jazz avvizzita da continui tagli e scelte di mercato errate. Nomi importanti, interpreti vividi e un orario insolito a cui gustare il jazz le caratteristiche fondamentali di questo percorso, assolutamente da non farsi scappare.

Forse davvero non era il pianoforte, no. Forse quello era ben ancorato al palco. Forse ero io a vagabondare in universi di sole note, regni dove il suono incontrastato dipingeva l’aria di colori invisibili.

O forse ho solo pensato di averlo immaginato, che di musica, da qualche parte, si potesse anche vivere.

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