
Finanziare la cultura. Le risorse pubbliche necessarie, le risorse private possibili è il titolo del convegno organizzato dall’Associazione Priorità Cultura lunedì 12 maggio al Teatro Franco Parenti, a partire dalle ore 10.00. La manifestazione ha un duplice obiettivo: contribuire a definire il fabbisogno pubblico della cultura in Italia e proporre misure concrete di incentivazione/defiscalizzazione per favorire il consenso dei privati – cittadini e imprese – al finanziamento di diversi settori della cultura, al fine di redigere il Documento di Milano per il Finanziamento della Cultura in Italia, da presentare a Governo e Istituzioni.
Dopo il benvenuto di Andrée Ruth Shammah e l’introduzione di Francesco Rutelli (Presidente dell’associazione), ci saranno gli interventi di Severino Salvemini, Pierluigi Sacco, Salvatore Settis, Andrea Carandini e, tra gli altri, Umberto Allemandi, Antonio Calabrò, Francesco Micheli, Giulia Maria Mozzoni Crespi, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Massimo Vitta Zelman. Conclusioni affidate al ministro Dario Franceschini e al viceministro Luigi Casero.
Lo scorso 9 maggio, alla presenza della stampa, Francesco Rutelli – insieme ad Andrée Ruth Shammah, all’avvocato Riccardo Rossotto, a Severino Salvemini e ad Armando Massarenti – ha presentato le linee principali dell’incontro, armati di dati di MIBACT e Federculture altrimenti irreperibili. A scrivere un report della conferenza stampa, per Chiamateci Sik-Sik, c’è Flavia Occhini, laureanda in Economia e management per arte, cultura e comunicazione alla Bocconi.

Rutelli, all’inizio della sua relazione davanti ai giornalisti, si interroga sulla possibilità che le risorse dedicate alla cultura nel bilancio dello Stato siano effettivamente esigue, o se il problema risieda altrove. A rispondere sono i numeri: il valore del fabbisogno per la cura e la gestione del patrimonio si attesta sui 500/600 milioni di euro, su 190 disponibili. E anche se fossero interamente utilizzabili, il Ministero riuscirebbe a spenderne effettivamente solo il 50%, 250 milioni. Inettitudine e scarsa formazione di chi ricopre ruoli gestionali?, chiediamo direttamente a Rutelli. «A mancare non sono le competenze – risponde – ma la loro domanda. Al momento molti non possono permettersi di pagare personale in più che sia altamente qualificato, ed è per questo che proponiamo una Riforma dell’organizzazione: la struttura amministrativa del MIBACT manca di funzionari tecnici, e negli ultimi quattordici anni il numero di dipendenti è diminuito del 34%».
E se da un lato conoscere dati e cifre del bilancio MIBACT presentati è una bella conquista, dall’altro è indispensabile rendere pubbliche tutte le informazioni di distribuzione e allocazione dei danari pubblici. Quando viene tirato in ballo il Decreto sulla Trasparenza (e la possibilità di accesso a tali informazioni) è Rutelli stesso, però, a sintetizzare velocemente la questione: «Immaginate cosa potrebbe accadere se su Internet fosse presente il dettaglio delle somme giacenti in cassa nei conti di tesoreria», ammette. Eppure questa possibilità potrebbe motivare una condotta migliore: il totale delle somme giacenti a fine 2013 ammonta a 621.715.463,44 milioni di euro, un accumulo enorme che viene “assorbito” dal bilancio dello Stato. E si arriva presto a un’altra scottante verità: il Decreto Valore e Cultura, introdotto dal Governo Letta e atto a tutelare e valorizzare il patrimonio culturale italiano, sulla carta rendeva possibili snelle donazioni alla cultura. Sfortunatamente, i decreti attuativi hanno generato una torbida riassegnazione, che ha impedito la circolazione dei fondi donati in contabilità fuori dal controllo del Ministero dell’Economia. Gli investitori, dunque, non sono incentivati: ed è emblematico che, fino a oggi, non sia stata ancora fatta alcuna donazione dall’entrata in vigore del Decreto.
L’orientamento suggerito, dunque, immagina una sostanziale riduzione del dirigismo a favore dell’automatismo, attraverso la moltiplicazione dei crediti di imposta – ipotesi comprovata dal successo dell’applicazione del tax credit all’industria cinematografica. E perché, riflette ancora Rutelli, non si consente alle famiglie di detrarre dal reddito imponibile le spese per le attività culturali, così come sono previsti vantaggi fiscali per l’acquisto degli elettrodomestici? Alle altre proposte – rendere tassativo il finanziamento del turismo tramite un terzo dell’imposta di soggiorno, e regolamentare il crowdfunding – si aggiunge l’intervento di Salvemini: al di là del mecenatismo, l’arte è incipit del processo produttivo. E alcuni imprenditori cominciano a integrarlo con la creatività dell’artista, che attraversa l’intera gamma di prodotti, nobilitandoli. Un esempio? Il recente Laboratorio sul Foulard promosso da Ferragamo.
Inizia dunque a farsi strada l’idea che la cultura sia motore di crescita economica non solo per lo Stato, ma anche per le imprese; a tal proposito il Documento di Milano per il Finanziamento della Cultura in Italia apre la via a nuove proposte di collaborazione tra pubblico e privato per guidare la gestione del patrimonio culturale fuori da ogni inadeguatezza, e invita a fare del nostro cuore, l’arte, un core business a partire da domani.
Associazione Priorità Cultura
in collaborazione con Teatro Franco Parenti
presenta
FINANZIARE LA CULTURA – Le risorse pubbliche necessarie, le risorse private possibili
Lunedì 12 maggio, ore 10.00 @ Teatro Franco Parenti
Ingresso libero previa prenotazione scrivendo a info@prioritacultura.it – segreteria@teatrofrancoparenti.it
In diretta streaming su www.teatrofrancoparenti.it
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