Pop Porn

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di Giuseppe Paternò di Raddusa

«Le ragazze del porno»: non è il titolo di una scollacciata commedia con Gloria Guida e Femi Benussi, ma un gruppo di artiste (registe, attrici, produttrici, fotografe…) che si sono riunite nel 2012 per realizzare dieci cortometraggi pornografici (fate attenzione: pornografici, non erotici), le cui riprese sono previste per luglio. In occasione del lancio di una campagna di crowdfunding, la gang di artiste – il cui range anagrafico va dai 25 ai 75 anni – si è da poco presentata al grande pubblico attraverso un video diventato presto virale: in Italia, si sa, basta leggere in sovratitolo «sesso» e «nudo» che il clic di mezza nazione è praticamente assicurato. Spiegano: «Perché mi diverte provare a raccontare come nasce il desiderio e come si scatena», «Perché ho l’assurda ambizione di realizzare un prodotto che sia allo stesso tempo pop, godibile e consapevolmente politico»,«più che alla pornografia pensiamo a un nuovo genere cinematografico, una sorta di realismo sessuale…». Oltre a costatare che realismo sessuale è un’espressione che farebbe tremare i polsi di chiunque, ci risulta difficile non intravedere contraddizioni nel discorso delle signore: girare un film pornografico ma prendere le distanze dalla pornografia…? Il caso non rimane isolato: ultimamente il genere hard è oggetto di dibattito intellettuale, elucubrazioni raffinate, rivalutazioni fiere e agguerrite.

Le ragazze del porno
Le ragazze del porno

La questione, tuttavia, è molto più controversa di quanto appaia; e la colpa – o sarebbe meglio dire la volontà? – di queste riflessioni da supermercato è da attribuire anche a Lars von Trier. Premessa: da quando il suo Nymph()maniac è entrato in pre-produzione – e si è scoperto che sarebbe stato prodotto in due parti, distribuito inizialmente in versione meno hot e in seguito in versione più scabrosa – l’hype (quella parolina magica con cui un tempo si definiva il battage pubblicitario di un film) è salito alle stelle. Ci si chiedeva: uscirà mai? Il Vaticano incenerirà le copie? Ultimo tango a Parigi, a confronto, sembrerà un film per novizie? Hanno davvero usato controfigure per le scene più spinte? E von Trier, maestro di autocelebrazione e scandali a tavolino (ricordiamo tutti le scenette su Hitler alla conferenza stampa cannense di Melancholia), intanto, gongolava. La pellicola – nella sua prima parte in versione uncut – è stata presentata a Berlino, ed è arrivata in Italia in versione soft, disconosciuta dal regista.

Stacy Martin e Shia La Beouf in una scena di Nymp()omaniac
Stacy Martin e Shia La Beouf in una scena di Nymp()omaniac

Non neghiamolo: ci aspettavamo tanto sesso e ci siamo trovati davanti a un film pacchianamente rigoroso, a suo modo rivoluzionario e radicale, ma in nome di una lotta inesistente, vuota, autoreferenziale. È il suo difetto maggiore: il racconto ninfomane della bella Joe (in attesa della II parte) è soffocato, monco e inespresso. Nymph()maniac – part I è un delirio visivo caotico e conturbante per spettatori della domenica, un bignami rassicurante per chi è convinto che fotografare in b/n determinate sequenze sia esempio di finissimo formalismo, per chi si accontenta di stupide provocazioni come il Mea maxima vulva che campeggia su un muro. È davvero tutto quello che, oggi, il cinema riesce a dire sul sesso e sul corpo femminile? Siamo messi male: tanto vale, allora, tornare indietro di quarant’anni e recuperare Gola profonda di Gerard Damiano, se vogliamo qualcosa di pop, politico e culturalmente stimolante – con buona pace della compianta Linda Lovelace.

Lars von Trier
Lars von Trier

Eccoci tornare, dunque, alla questione di cui sopra: non saranno le signore, né tantomeno von Trier, a dirci cosa può e deve essere pornografico, politico, culturale. Né saranno loro a innovare un genere che, quando vuole, migliora già da sé, senza bisogno di crowdfunding, dazibao pseudofemministi o – come nel caso dell’autore danese – egocentrismi visivi ammuffiti e piatti.

Il problema risiede altrove: con la nuova fatica del regista di Breaking the Waves, infatti, perde valore l’importanza di un’opera, bella o brutta che sia. E stravince il potere del clamore, della pubblicità, del rumore, della pruderie: dall’insopportabile attenzione riservata ai poster che ritraevano i protagonisti durante l’orgasmo, allo spazio esagerato concesso da quotidiani e riviste, Nymph()maniac – e von Trier – ci hanno solo guadagnato. Ma il cinema (soprattutto quello pornografico) è un’altra cosa.

2 Comments

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  1. Secondo me sei stato troppo preso dalle anticipazioni e dal marketing pre-film, insomma, dalle “aspettative” su questo film. Secondo me il film non parla affatto “di sesso” – e per questo non c’entra niente il riferimento a gola profonda etc – ma usa il sesso per raccontare e approfondire i soliti temi di von trier, che sono condivisibili o meno.

    Ti invito a leggere le riflessioni che vanno via via emergendo sul mio blog, e commentarle, e criticarle ferocemente, se necessario (e se ti va)

    http://stupefatti.blogspot.it/2014/04/lars-von-trier-e-il-migliore-regista.html

    saluti!

    • Non sono uno che si lascia facilmente condizionare dall’hype. Il signor von Trier ha detto, in soldoni, che avrebbe girato un film sconvolgente e rivoluzionario sul sesso et similia. Non l’ha fatto, perché Melancholia è sterilmente concettoso, programmatico, sciatto nella forma e assolutamente povero di idee. E non sono uno che detesta von Trier a priori, anzi: molti dei suoi film li trovo davvero belli. Questo no, e non c’entrano le aspettative. Io qui di «soliti temi» di von Trier non ne ho visti… Saluti!

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