
Per la sua intervista in occasione del debutto di Skianto, Filippo Timi ha scelto di accogliermi nel suo camerino (degno di John Barrymore). Sornione e flamboyant, accomodato su una poltrona a braccia e gambe incrociate, mi ricorda incredibilmente lo Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie.
Filippo, cos’è Skianto?
È il titolo di un monologo sulla vita, su quei muri che ti si parano improvvisamente davanti agli occhi, addosso ai quali sfracelli la faccia dei sentimenti. La storia è quella di un Pinocchio barato dentro a un ceppo di corpo, che aspetta fiduciosamente l’arrivo di un mastro Geppetto che non giungerà mai. Ed è il racconto di tutte quelle anime chiuse malinconicamente in se stesse. Ci sarà un forte elemento affettivo: a scuola avevo un compagno portatore di handicap che ricordo con molto amore, ed è bello far parlare anche esistenze cui la parola è spesso negata.
Un ritorno al monologo, quindi, dopo la coralità di uno spettacolo come Don Giovanni.
Esattamente. In molti mi ripetono: «Filippo, ma nei tuoi ultimi spettacoli ti si vede poco!», facendo riferimento soprattutto a Don Giovanni e a Giuliett’e Romeo. È una concezione un po’ sbagliata perché “non esistono piccole parti, ma solo piccoli attori”. Questa volta, invece di occuparmi di altri interpreti, sono tornato a me e a tutti gli attori in me. L’effetto è uno e molteplice: si è sempre in tanti, soprattutto quando si è soli.
Sarai ancora una volta drammaturgo, regista, attore. È stato faticoso? Come sei riuscito a navigare tra le idee?
Molto faticoso, ma estremamente gratificante. La prima volta nasce un’idea, che si moltiplica in tante altre. In seguito, scartandole, arriva quella giusta. E ti accorgi di lei quando prescinde da te, e senti che è l’apparizione perfetta: quando i tuoi pensieri ti fanno venire il mal di pancia.
È importante avere un luogo cui appartenere?
Sì: appartenenza intesa però non come prigionia, ma come slancio in avanti. Non senti il cappio, ma la forza nel vivere. Un ovetto, per schiudersi, ha bisogno di un’incubatrice, di un posto riparatore e protettivo, che attende, senza star col fiato sul collo. Io, come l’ovetto, mi schiudo in continuazione. E qui al Franco Parenti ho le mie chiocce, che mi stanno vicino. Il luogo diventa regalo: e ricevere un regalo è un po’ come innamorarsi.
SKIANTO
uno spettacolo di e con Filippo Timi Andrea Di Donna voce e chitarra |
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi
Produzione Teatro Franco Parenti / Teatro Stabile dell’Umbria
26 marzo | 6 aprile @ Teatro Franco Parenti
info e prenotazioni: http://www.teatrofrancoparenti.it
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