Anteprima di Ida di Pawel Pawlikowski allo Spazio Cinema Anteo di Milano, accompagnata dal dialogo tra Haim Bahaier e Alberto Melloni.

Immerso in un conturbante bianco e nero che ricorda Dies Irae di Carl Theodor Dreyer, Ida di Pawel Pawlikowski arriva a Milano lunedì 10 marzo, alle 20.00, presentato in anteprima allo Spazio cinema Anteo, dopo il primo premio ottenuto al London Film Festival, il passaggio fuori concorso al Festival di Torino e i numerosi altri riconoscimenti conquistati nell’ambito di rassegne importanti, come il premio internazionale della critica al Festival di Toronto e il Gran Premio vinto al Festival di Varsavia.
La serata, organizzata in collaborazione con il Teatro Franco Parenti, comprende – a termine della proiezione – un dialogo tra Haim Bahaier, importante esponente del pensiero ebraico, e Alberto Melloni, docente di Storia del cristianesimo ed editorialista del Corriere del Sera.

In platea saranno presenti membri delle comunità ebraiche e cattoliche, per quella che si presenta come una preziosa occasione di dibattito e discussione, in grado di intrecciare retaggi e idee di due educazioni religiose e culturali in deciso contrasto tra loro.
È proprio dal contrasto che deriva il rapporto delle due protagoniste di Ida: al volto morbido e dolce di una giovane suora costretta a fare i conti con le sue radici ebraiche, Pawlikowski contrappone i tratti spigolosi di una zia disinibita e dalla bottiglia facile. Il viaggio che affronteranno insieme, sullo sfondo della Polonia dei primi anni Sessanta, diventa presto il medium che le aiuterà ad affrontare la diversità dei propri destini.
Ida si ascrive a quel fortunato filone di cinema della contemporaneità che – trasversalmente negli Stati Uniti come in Europa – indaga sulla ricerca dell’identità femminile nei legami tra passato e presente: opere come Blue Jasmine di Woody Allen, Effetti collaterali di Steven Soderbergh, Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont e La vie d’Adéle di Abdellatif Kechiche sono rappresentative di un’attenzione nuova, attenta e culturalmente importante – e, in certi casi, fortunata ai botteghini.
Magnificato dalla recitazione delle due protagoniste – l’intensa Agata Zuleska e la folgorante esordiente Agata Trzebuchowska – dalla fotografia di Ryszard Lenczewski e Lukasz Zal e da una colonna sonora che alterna Maria Koterbska a Fred Buscaglione e Adriano Celentano, Ida permette a Pawlikowski di affrontare un’esperienza cinematografica caratterizzata da estetiche impegnative e tracce narrative dense e ancora oggi attuali. L’autore polacco – noto per i documentari Dostojevskij’s travels e, soprattutto, Serbian Epics, che apriva inedite e mai convenzionali chiavi di lettura in merito al conflitto in Bosnia grazie a una forza visionaria dirompente – ritorna nella terra natia, e gira un’opera importante, sofferta e mai retorica: potente nell’equilibrare il rapporto tra immagine e narrazione, duro e senza sconti nell’evocare uno scontro inevitabile tra due umanità drasticamente differenti, Ida è decisamente superiore rispetto agli altri esperimenti di cinema di finzione del regista (Last Resort, My Summer of Love e l’inedito in Italia La femme du Véne).
Narratore chiaro, diretto e conciso – i suoi film non superano mai i novanta minuti – Pawlikowski ha il grande pregio di raccontare la circolarità degli eventi e gestire l’aspetto tecnico di Ida senza scadere mai in quel mero formalismo che avrebbe potuto farne modesto esercizio di stile. Dirige invece un dramma straordinariamente sobrio, ricco di spunti, stimoli e significati che, alla luce della contemporaneità, trascendono ogni tipo di accademismo per farsi cinema allo stato puro. E il rigoroso nostos cinematografico e geografico di due donne alla ricerca di un’identità smarrita, storicamente confuse ma sentimentalmente pronte a cambiare, racconta ancora una volta una grande verità: anche di fronte a contrasti irrisolvibili può emergere la volontà di interrogarsi, trasformarsi e, soprattutto, avvicinarsi all’altro.
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