Due o tre cose che so di Charles (Bukowski)

di Giuseppe Paternò di Raddusa
di Giuseppe Paternò di Raddusa

In attesa di goderci il Bukowski di Alessandro Haber, straordinario, irresistibile, mitico, attesissimo reading in scena al Teatro Franco Parenti il 23 Febbraio, abbiamo deciso di scomporre capricciosamente il nome dell’autore di Storie di ordinaria follia. Affidando a ogni singola lettera lo scrigno simbolico di un’esperienza, un’intuizione o un aneddoto legati alla sua indimenticata figura.

HABER

  

 C come California. Locus (non) amoenus che fa da cornice all’intera opera letteraria di Bukowski: è spesso a Los Angeles, infatti, che si consumano le desolanti vicende quotidiane, lavorative e pseudo-sentimentali dei protagonisti di romanzi e racconti, esemplari ideali di un’esistenza squallida e dissoluta.  «Non riesco a immaginare un altro luogo che non sia Los Angeles», ammise una volta.

H come Henri Hank Chinaski. Henri è il primo nome dello scrittore, che non lo amava particolarmente, Hank  invece quello con cui voleva esser chiamato.  Chinaski Rappresenta l’alter ego letterario di Bukowski: figura misantropa, sciatta e affezionata alle sbronze, è instabile e perdigiorno protagonista di quasi tutti i suoi romanzi, e di moltissimi racconti.

bukowski bar miniature

A come amori. Sono stati molti, spesso occasionali, anomali (si pensi al matrimonio avvenuto praticamente per corrispondenza con l’editrice texana Barbara Frye), intensi e burrascosi, anche se – in Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle, memorabile libro-intervista firmato da Fernanda Pivano – avrebbe tenuto a precisare di non avere avuto poi così tante amanti. Uno su tutti sovrastò gli altri: quello per Jane Cooney Baker, frequentata durante gli anni di gioventù e morta prematuramente nel 1962. La scomparsa di lei gli servì da ispirazione per alcune delle sue più belle poesie. Nella toccante To Jane Cooney Baker, died 1-22-1962, la saluta per sempre con questi versi: «I have waited before and you have always walked in through the door. Now you must wait for me».

Charles Bukowski tra i coniugi Martin, l'editore John (fondatore della Black Sparrow Books) e l'illustratrice Barbara.
Charles Bukowski tra i coniugi Martin, l’editore John (fondatore della Black Sparrow Books) e l’illustratrice Barbara.

R come Rourke.  Nel 1987 viene distribuito nelle sale il film Barfly (1987), diretto da Barbet Schroeder, prodotto da Francis Ford Coppola e basato su una sceneggiatura dello stesso Bukowski con protagonista (ancora una volta) Henri Chinaski. Bukowski lottò strenuamente per avere Sean Penn nel ruolo principale, ma la produzione decise di assoldare Mickey Rourke: inizialmente Bukowski, pur apprezzando la star di Rusty il Selvaggio, non era soddisfatto della scelta. Procedendo con la lavorazione del film, tuttavia, cambiò idea: e in una lettera alla produzione ammise che «Mickey Rourke ha dato al dialogo la voce e il suono desiderato. Quello mi ha sorpreso è che ha aggiunto un’altra dimensione al personaggio, nello spirito. Mickey sembra amare veramente la propria parte, ma senza esagerare. Vi ha aggiunto il suo sapore, il suo entusiasmo, la sua follia, la sua interpretazione di Henri Chinaski, senza distruggere l’intento o il significato del personaggio. Perché aggiungere spirito a spirito può essere pericoloso, ma non nelle mani di un attore dannatamente bravo».

Bukowski e Mickey Rourke
Bukowski e Mickey Rourke

L come Linda, nome che torna due volte nella vita dell’autore. La prima con Linda King, poetessa, drammaturga, pittrice e scultrice con la quale ebbe un’appassionata e, invero, abbastanza violenta (le ruppe il naso durante una lite) relazione durata circa tre anni: la King, con le sue nevrosi e la spiccata tendenza al melodramma, lo avrebbe ispirato nella creazione del personaggio di Lydia Vance, l’artista amante di Chinaski nel romanzo Donne. La seconda con Linda Lee Beighle, ristoratrice hippie e salutista che gli sarebbe stata a fianco fino alla fine dei suoi giorni.

Bukowski e Linda Lee Beighle
Bukowski e Linda Lee Beighle

E come epigoni. Tanti, forse troppi. Era inevitabile che il suo stile sboccato, turpe ed esagerato – più vicino al pulp che alle polverose e riflessive strade della beat generation – influenzasse più d’uno scrittore. E l’emorragica proliferazione di autori come Chuck Palahniuk forse deve qualcosa alle piattole e alle sbronze raccontate in capolavori come Post-Office e Hollywood, Hollywood!

S come Storie di ordinaria follia. Sessantadue irresistibili racconti, paradigmatici dell’esistenza di Bukowski e simbolo incontrastato della sua eredità ai posteri. Un omaggio senza tempo – e senza regole – a vagabondi, cialtroni e perdigiorno, che si è imposto come impareggiabile Bibbia per una generazione di lettori per così dire «lontana da leziosità», alla ricerca di un’umanità accettabile anche quando puzza di whiskey.

E ancora S, come Splash: simbolico testamento dalla forma di poesia, canto intimo e insieme universale di un autore abile a mantenersi in invidiabile equilibrio tra sconcezze e lirismi.

the illusion is that you are simply
reading this poem.
the reality is that this is
more than a
poem.
this is a beggar’s knife.
this is a tulip.
this is a soldier marching
through Madrid.
this is you on your
death bed.
this is Li Po laughing
underground.
this is not a god-damned
poem.
this is a horse asleep.
a butterfly in
your brain.
this is the devil’s
circus.
you are not reading this
on a page.
the page is reading
you.
feel it?
it’s like a cobra. it’s a hungry eagle circling the room.

this is not a poem. poems are dull,
they make you sleep.

these words force you
to a new
madness.

you have been blessed, you have been pushed into a
blinding area of
light.

the elephant dreams
with you
now.
the curve of space
bends and
laughs.

you can die now.
you can die now as
people were meant to
die:
great,
victorious,
hearing the music,
being the music,
roaring,
roaring,
roaring.

BUKOWSKI CIMITERO

HABER BUKOWSKI 

domenica 23 febbraio ore 20.00 @Teatro Franco Parenti

Info e prenotazioni: http://www.teatrofrancoparenti.it

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