MetaCesare

di Giuseppe Paternò di Raddusa
di Giuseppe Paternò di Raddusa

Cesare, attento a Bruto, bada a Cassio, non avvicinarti a Cinna, guardati da Casca, diffida di Trebonio, bada a Metello Cimbro, Decio Bruto non ti ama. Un pensiero solo unisce questi uomini, ed è rivolto contro Cesare.

Come un bisbiglio, l’avvertimento s’insinua nel cuore più profondo di una notte ricca di paure e superstizioni. È l’onirico incipit della rilettura del Giulio Cesare di Shakespeare, firmata da Andrea Baracco. Incipit che fa da overture all’unica – e notevolmente interessante – chiave di lettura possibile per avvicinarsi alla rivisitazione di Baracco: il suo Giulio Cesare vive nelle menti dei congiurati Bruto e Cassio come produzione evocativa e allucinata di immagini, ombre e sogni.

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Tre porte e una seggiola distrutta rappresentano l’intuizione più forte e simbolica della rilettura. Se la seggiola è l’immagine devastata di un potere logorante, le porte – rudimentali e in ferro – si muovono come fossero girandole pronte a scandire lo scorrere del tempo, che non è quello canonico di lancette, ore o secondi, ma che fa capo alla sfera del sogno e della percezione di una realtà deviata, deformata. Servono da appiglio continuo per gli attori, e sono specchio delle loro lacerazioni interne.

Una foto di scena di «Giulio Cesare», regia di Andrea Baracco.
Una foto di scena di «Giulio Cesare», regia di Andrea Baracco.

Isabelle Huppert sostiene che «non esistono personaggi, ma solo stati d’animo». Ed è sugli stati d’animo che Andrea Baracco lavora maggiormente: sarebbe anacronistico – o enormemente complicato – ragionare su Giulio Cesare come parabola discendente di potere e decadenza. E dunque il regista riproduce le sofferenti inclinazioni dei congiurati Bruto, Cassio e Casca, le angosce di Porzia, i timori di Antonio, la sbruffoneria di Ottaviano e le frustrazioni di Calpurnia seguendo una reinterpretazione metafisica che sfrutta il movimento del corpo, il delirio della mente, la continua stilizzazione di eventi ed elementi.

CESARE BARACCO

Il sangue è simulato dall’utilizzo di gessetti rossi, che tracciano ferite simboliche – e carnali – sulla camicia di Bruto nel momento più intenso e intimo dell’intero spettacolo. Baracco immerge la sua Roma simbolica e dalle geometrie essenziali in un’atmosfera volutamente irreale, in cui la musica classica si accompagna a quella contemporanea, in cui gli abiti non rispondono a nessun canone estetico e temporalmente definito. Sarebbe errato definire la sua rilettura contemporanea, o peggio ancora, postmoderna: queste categorie prescindono e fanno riferimento a momenti storici ben precisi, esistenti. Questo Giulio Cesare, invece, va visto e vissuto come se le convenzioni della realtà, semplicemente, non esistessero. Come se fossero solo i dolori, le immagini e le luci a costituire gli unici elementi credibili di una materialità fatta di sogni, veli e sangue pastello.

GIULIO CESARE

regia Andrea Baracco

adattamento di Vincenzo Manna e Andrea Baracco

con Livia Castiglioni, Giandomenico Cupaiuolo,Ersilia Lombardo, Roberto Manzi, Gabriele Portoghese, Lucas Waldem Zanforlini

produzione 369gradi e Lungta Film – in collaborazione con Teatro di Roma

11 | 19 febbraio @ Teatro Franco Parenti

http://www.teatrofrancoparenti.it

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