
Nel 2012 ha conquistato tre premi UBU (Migliore novità italiana, Miglior attrice protagonista a Daria Deflorian e Miglior attrice non protagonista a Federica Santoro), e da allora continua a raccogliere successi tra il pubblico. L’Origine del mondo di Lucia Calamaro scontra tre generazioni di donne, mette in luce le paure, le psicosi, ma anche la forza e l’autocritica della metà rosa del mondo. Tutto con spiazzante ironia. Tre atti – immersi in una scenografia domestica e intrisa di realismo – per dare voce alle protagoniste e al loro inconscio, che entra prepotentemente nella realtà quotidiana.
Incontro Lucia Calamaro nel foyer del Franco Parenti: come il suo spettacolo, è una donna schietta e ironica. Di fronte a un caffè iniziamo l’intervista, che spazia dalla drammaturgia all’interiorità umana, per capire cosa si cela ne L’Origine del mondo.

Come nasce L’Origine del mondo?
È un testo molto personale, scritto in un momento di svolta della mia vita: il raggiungimento dei quarant’anni e la nascita di mia figlia. I quaranta, per una donna, sono spesso un periodo critico, che porta a riflettere. Sono momenti in cui si ha voglia di stare in casa, di leggere e, in un certo senso, di chiudersi. A ciò si aggiunge l’arrivo di mia figlia: l’essere mamma, ovviamente, dona una vitalità incredibile. Ecco, le protagoniste nascono proprio da queste due spinte ispiratrici.
Il personaggio della figlia e quello della dottoressa sono entrambe interpretate da Federica Santoro. La scelta di dare lo stesso volto a due personaggi – con cui la protagonista ha un rapporto praticamente opposto – è voluta?
Assolutamente, se mai il testo verrà messo in scena da altre attrici non riuscirei ad immaginarlo diversamente. Daria racconta di sé più alla psicanalista che non alla figlia; tuttavia è proprio quest’ultima l’oggetto di sfogo della madre. Sono due figure quasi complementari, che si evolvono lungo i tre atti. Resta il fatto che sono i figli spesso a salvarti, e a sopportare le tue sfaccettature.
Tre generazioni che si scontrano: quanto c’è di reale in questo spettacolo?
Abbiamo tre donne, figlie della loro epoca: la nonna appartiene a quella generazione non educata al mondo interiore, all’inconscio. La madre è vittima di una crisi depressiva non ben specificata, e la figlia attraversa un momento di sospensione comune a molti giovani. Sono momenti di passaggio: ma la morale è che si può uscirne con positività.
Lucia Calamaro dipinge, nel suo ritratto d’interno, la crisi di una donna, con delicatezza e ottimismo. Un viaggio attraverso la psiche – racchiusa nelle mura domestiche – in cui lo spettatore non può che riconoscersi.
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Daria Deflorian, Federica Santoro e Daniela Piperno
Produzione 369gradi / PAV
Rispondi