Il teatro? Meglio farlo che vederlo!

di Emanuela Mugliarisi

In una calda mattinata settembrina, incontro la  professoressa Laura Valota, docente d’ Inglese presso il Liceo Scientifico Alessandro Volta di Milano. Sorseggiando un caffè, audacemente le chiedo:

Domanda diretta: il valore del teatro per la scuola?

Che sia meglio farlo piuttosto che andarci. Mi spiego: andare a teatro ci permette di conoscere dei testi, di ampliare la cultura dei ragazzi, ma farlo ci permette di conoscere noi stessi. Mi piacerebbe fosse materia ufficiale a scuola, come in tanti altri paesi, perché lo ritengo fondamentale nello sviluppo di un adolescente. Andare a teatro con le classi è importante, ma dipende dall’approccio, non sempre corretto, da parte dei teatri e dei docenti che accompagnano gli studenti: a volte ho come l’impressione che la cosa passi sopra la testa dei ragazzi. I programmi tendono a soddisfare di più le esigenze dei docenti:  non dovrebbero portarli a teatro nell’ottica di vedere qualcosa legato al programma ministeriale.

Ha letto le proposte del Franco Parenti per le scuole? Cosa ne pensa? 

Anche questa stagione mi sembra molto tarata sulle esigenze dei docenti, è seria e impegnata, ma continua a far percepire il teatro come sostituto della scuola. Manca l’idea che a teatro ci si possa anche divertire: così non si rendono i ragazzi spettatori autonomi, che vedono il teatro come esperienza per riempire il proprio tempo libero, come alternativa al cinema o a differenti attività d’intrattenimento. Gli incontri legati agli spettacoli sono molto interessanti e sempre ottimamente organizzati; pensi che l’anno scorso i miei ragazzi hanno apprezzato di più i vari caffè filosofici, le presentazioni e gli incontri con le personalità che non gli spettacoli! Ma non è teatro, e il problema non si risolve così.

Proposte e suggerimenti per rendere i ragazzi “spettatori autonomi”?

Nello specifico, un teatro come il Parenti, che ha uno degli spazi più belli di Milano, dovrebbe sfruttare al meglio il foyer e valorizzare ancor di più un aspetto tanto caro alla Shammah: la convivialità.  L’anno scorso i miei ragazzi sono rimasti stregati da Kupenga Kwa Hamlet della Two Gents Production perché gli attori usavano lo spazio dell’ingresso, coinvolgevano il pubblico, davano prospettive nuove e interessanti alla storia. Il teatro nasce dalla strada, dalla corte, dalla ritualità festiva: sarebbe bello coinvolgere il pubblico già dall’ingresso, eliminando così quello scarto che c’è tra la sacralità della sala e l’anonimato dell’esterno.

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