di Flavia Occhini (1992), Economia e Management per Arte, Cultura e Comunicazione presso l’Università Luigi Bocconi.
La penultima serata al Parenti si apre con il consueto ritardo delle belle principesse che si fanno desiderare ed è pure venerdì 17, ma fortuna vuole che i brontoloni di altre serate si siano fatti da parte per lasciare campo libero ad Amleti di tutte le età!
L’attesa viene interrotta da CollettivO CineticO, in simultanea con Monstera. I trucchi del teatro fanno miracoli, ma ancora non ho l’ubiquità, quindi mi godo solo il primo, che porta in scena un “provino” per il ruolo di Amleto. Niente scherzi: si tratta di persone selezionate dal popolo di Facebook, lì solo per una sera e per la prima volta! Le loro performance le giudicano gli spettatori con l’applausometro e gli eliminati cadono a terra, dove si tracciano i segni bianchi dei luoghi del delitto, ma a morire dal ridere è solo il pubblico.
Poi tutti in Foyer per Teatro sotterraneo, accampati come i bambini dell’Isola che non c’è per la buonanotte. Aspettiamo l’inizio davanti a una casetta luminosa, che ricorda l’albero azzurro. Non a caso, Amleto ha qui otto anni!
Non c’è tempo per vederlo crescere, che già si deve saltare come parkour per le scale e arrivare all’incontro con gli autori. L’inimitabile Gianfranco Berardi fa scrosciare applausi e risate, entrando nel silenzio e scherzando sul fatto che non vede: “C’è qualcuno? Meno male che non ho fatto un rutto!”. Ci incanta con la poesia che alterna alla comicità.
A seguire Cruciani/Santeramo ci riportano alla cruciale tragicità, con un’abilità teatrale rara e tutta l’angoscia del nucleo familiare di Amleto.
Come riprendersi dalla dura verità? Con Chiedetemi tutto, ma non Amleto di Berardi Casolari a cui chiedo (dato che può essermi negato solo l’Amleto) di prestarmi l’aggettivo geniale che definisce tutta la serata: “grotTeschia”
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