di Maria Lucia Tangorra, laureanda in Lettere moderne percorso “Letteratura e arti” presso Università Cattolica del S. Cuore di Milano
Una suggestione inizia sottilmente a palesarsi nei primi minuti di Daimon Project (primo studio per BE LEGEND! – Hamlet): «Poiché polvere sei e in polvere tornerai». Quello che colpisce sin da subito è che a rievocare indirettamente questo versetto della Genesi sia un bambino pronto a dissacrare l’immagine più famosa del testo shakespeariano: Amleto con il teschio in mano.
Sara Bonaventura e Claudio Cirri di Teatro Sotterraneo narrano l’infanzia del piccolo Amleto, la simulano (interagendo con il bambino in scena) e vi fantasticano coinvolgendo uno spettatore – cifra caratterizzante del loro teatro. «Sei ancora troppo piccolo per domandarti dell’essere o non essere» dicono l’uomo e la donna interpretando i precettori apprensivi. Con un linguaggio caustico, acuto e definito “avant-pop” tratteggiano una mappatura delle carettiristiche del principe di Danimarca come se fossero state già in essere nel suo daimon ironizzando anche sull’essere cresciuto dentro una campana di vetro. Così Amleto legge, scrive e disegna come tutti i bambini normali, ma allo stesso tempo ama collezionare cose morte e custodirle nella sua casetta dove si rifugia in preda alla melanconia.
«Essere o non essere? Questo è il problema». Parole topiche che in bocca a un bambino appaiono stranianti se non sapessimo che è Amleto. Parole che si sposano con la poetica del Teatro Sotterraneo di porre questioni senza dare risposte.
Partono le note di “Creep” di Damien Rice e Amleto, interrogato dai suoi dilemmi, prende in prestito le parole della canzone restituendole con la successione di cartelli. Il cerchio sta per chiudersi: sottoforma di gioco, Cirri predice al piccolo quello che sarà di lui. «Il resto è silenzio».
Ricollegandosi all’ossessione per la morte (vedi, ad es., “Dies irae”), i ragazzi di Teatro Sotterraneo ci dimostrano come, partendo da una commissione, si possa essere coerenti col percorso realizzato dando vita a una delle variazioni su Amleto più personali viste nell’ambito di Tfaddal.
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