di Giuseppe Paternò di Raddusa (1989) Laureando in Cultura e Storia del Sistema Editoriale presso Università degli Studi di Milano
La brava e bella Ambra Senatore alle prese con percezioni e ricezioni in arrivo da Elsinore
Ambra Senatore, coreografa e performer riconosciuta a livello europeo, fornisce il suo contributo a Tfaddal portando in scena uno studio sulla percezione di Amleto.
Studio che la danzatrice separa metodologicamente in due parti: la prima dedicata alle influenze che Amleto ha su di lei, la seconda a quelle recepite da una serie di personaggi incontrati dalla Senatore per strada, al mercato, all’aeroporto. Paradossalmente, la parte meno riuscita dello studio della divertente danzatrice è proprio la prima: l’artista abita la scena con grazia, ma manca qualcosa. I movimenti sono già visti e ai limiti della stereotipia da teatro danza, l’Amleto pare rimanere fuori dall’esperienza del palcoscenico ed è evidente che l’artista sia – a ragione – impaurita da un colosso del teatro occidentale che continua a nutrire quotidianamente il sostrato culturale attorno al quale viviamo. Di buon (se non ottimo) livello è, però la parte dello studio dedicata alle «inchieste popolari» della Senatore su «quello a cui si pensa quando si dice Amleto»: con ironia e gentilezza la coreografa riporta fluidamente sulla scena le diverse risposte degli interpellati. E ripete l’esperimento sul palco: agli spettatori è data la possibilità di riportare, su carta, le percezioni di e da Amleto. Che la Senatore si diverte a modulare e impersonare: scanzonata e brillante, smorfiosa e leggera, è qui che dà il meglio di sé, cavalcando l’onda di uno studio volutamente superficiale– ancora senza un finale– che sarebbe interessante vedere sviluppato in futuro. Libero, possibilmente, dalle pretese della prima parte.
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