di Giuseppe Paternò Raddusa (1989) laureando in Cultura e Storia del sistema editoriale presso Statale di Milano.
Emanuele Valenti e Punta Corsara tra tradizione e sperimentazione
Le malinconiche note di Peter Sarstedt si diffondono attorno alle umide pareti di Napoli e dei suoi quartieri spagnoli. Incarnano la colonna sonora della nuova vita del giovane Amleto Barilotto, stufo della sua esistenza tra parentado ricoperto dai debiti e una fidanzata colorita devota a Luciano Caldore. Il giovane si lascia catturare dalla tragedia del principe di Danimarca che porta il suo nome; e chi lo circonda decide di prestarsi alla finzione scenica in modo da restituirgli il senno. L’assolata Napoli diventa la glaciale Elsinore, gli ambulanti indebitati si (sotto)evolvono in cortigiani smaliziati. Con conseguenze tragiche. E comiche: poiché è nella farsa che si consuma il peggiore dei dolori. Lo studio su Amleto di Emanuele Valenti è uno svisceramento della tragedia che passa attraverso i filtri di John Poole (da cui riceve il titolo, HamletTravestie)e Antonio Petito; «La Danimarca è una prigione», e Amleto il danese il terrificante carceriere della sua controparte partenopea. Valenti dirige con piglio sicuro uno studio in perfetto equilibrio tra tradizione e sperimentazione, un’opera – se si vuole – persino politica nel considerare le implicazioni e le conseguenze causate dal gioco scenico, supportato da un cast che fa di un ritmo straordinario il suo punto di forza. Amleto si riconferma motore talmente potente da spadroneggiare su una miserabile animella e di vincolarla a sé per sempre,cosciente della propria forza nei secoli. Amen.
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