Lagi e Colella scandagliano il classico di Shakespeare attraverso lo sguardo pulito e curioso di un bambino di nove anni

di Emanuela Mugliarisi (1989) Laureata in Lettere Moderne – Curriculum Letteratura e Arti performative – all’Università Cattolica di Milano

“Vuoi una storia di vampiri o di fantasmi?”. Così inizia la variazione su tema che il bravissimo Francesco Colella porta in scena insieme al regista Francesco Lagi, in una forma che potremmo definire “teatro da cameretta”. La sala Treno Blu è perfetta per ricreare questo ambiente intimo e raccolto nel quale un padre deve compiere l’ardua missione di ogni sera: far addormentare il figlio con una storia della buonanotte. Partendo dalla provocazione del regista, secondo il quale l’Amleto è un testo sopravvalutato, i due hanno ragionato su come fosse possibile scandagliare a fondo un classico per trarne fuori qualcosa di significativo: attraverso le ineludibili e argute domande di un simpatico bambino di soli nove anni – Alessando Sbarsi che ogni tanto purtroppo si mangia le battute, dando però un senso di verità, di non costruito – il padre si trova costretto a ragionare su passaggi della trama che oggi possono risultare incongrui, esagerati, obsoleti.

Il senso della provocazione di partenza è chiaro: non per forza un classico è un capolavoro oggettivo e deve piacere a tutti; ma al di là della soggettività, l’Amleto, così ricco di sfumature da cogliere, garantisce sempre almeno una riflessione importante su di sé e sulla vita: “perché muoiono tutti?”, chiede il bambino alla fine, “perché così è la vita” non può che essere la risposta del padre. Una lezione di vita importante ma forse un po’ lugubre per la buonanotte. Fortunatamente il finale regala un sorriso genuino agli spettatori con un’ulteriore provocazione che ricrea un clima sereno: per la buonanotte di domani “una bella storia della Pimpa!”.

Divertente anche la trovata di far comprendere al bambino la complessa trama attraverso il classico stratagemma del “facciamo finta che..” – che rimanda anche alla dimensione meta-teatrale del testo stesso – e attraverso l’uso dei giochi sparsi per la camera: i robot, i pupazzi, i peluche si trasformano in personaggi che prendono vita per aiutarlo in questo labirinto di avvenimenti un po’ da incubo più che da buonanotte!

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